SATANISMO (pericoloso)
Valenza dell’insegnamento religioso
I DONI DELLO SPIRITO SANTO
SONO:
Il concetto di sanità o benessere é soprattutto un concetto
spirituale. Quando anche sarò sano come un pesce, la depressione, la fissazione,
la noia, ecc… affliggeranno il mio animo e al fine mi ammalerò anche
fisicamente attraverso le somatizzazioni. Non dimentichiamo che le nevrosi e le
psicosi, prima ancora che una deficienza psichica, hanno una radice spirituale,
appunto in un male spirituale. La scienza dell’uomo é ancora arretrata, il di
più é ancora da scoprire. Non siamo presuntuosi con la scienza di oggi, ma
guardando a quello che la scienza diceva ieri accettiamo quello che la scienza
dice oggi con una certa diffidenza, non tanto su quello che viene affermato,
quanto su quello che viene taciuto.
“La nascita
del santo, costituisce un motivo di bene per tutti ed è quindi motivo di vera
esultanza. I santi nascono per l’utilità degli altri, essendo la giustizia una
virtù sociale per l’utilità di tutti. Cristo tiene i santi sotto il sigillo
della sua provvidenza, affinché non appariscano quando vogliono loro, ma stiano
pronti per l’ora stabilita da Lui.
E al cenno del Suo comando escano dalla vita contemplativa per
rispondere alle attese e alle aspettative degli uomini.” (dai Sermoni di S.
Antonio, Il Giorno del Santo, Audiovideo, Messaggero di sant’Antonio, AVM
19931)
Giuseppe Ruggeri, SAPIENZA E STORIA, ed. Jaca Book . La
fede non deve essere ideologizzata, essa non può attendere la sua
giustificazione dalla sua capacità di
interpretare l'esigenza politica dell'uomo, si corre il rischio di non
intendere nemmeno più la libertà che Dio vuol dare all'uomo, la giustizia che
Egli ci ha preparato e ci dona nella fede.
Dio non attende di essere giustificato dall'uomo, è l'uomo che
deve essere giustificato da Lui. Del resto nemmeno la storia oggi attende di
essere riconosciuta e giustificata. Gli intelligenti non dovranno cercare
l'astuzia della storia, né i buoni dovranno rifugiarsi nell'apparente
sufficienza di una contemplazione della sapienza di Dio.
Il credente non è in primo
luogo buono o intelligente, ma è colui che segue Dio, il quale rende
"nuova" la nostra intelligenza e la nostra bontà. La nuova "teologia
politica" non vuole essere nemmeno, come spesso rischia di divenire la
teologia della rivoluzione, la copertura ideologico cristiana delle coperture
rivoluzionarie dei movimenti più avanzati; essa si propone invece di sviluppare
tutte le valenze del messaggio escatologico. La teologia politica è attenzione
alla storia come luogo dell'annuncio della fede e dell'esperienza delle realtà
della fede in relazione alle realtà umane.
Il confronto con le scienze è doveroso, come ripensamento critico
della coscienza umana e dei suoi contenuti, e questo vale anche quando la fede
si trova confrontata alla storia per manifestare ad essa la forza della
sapienza di Dio.
Prefazione allo stesso testo di Giuseppe Colombo :"Molti
credenti hanno bisogno di trovare la propria identità, vittime di una storia
che ha emarginato la fede confinandola nella sfera della privatizzazione. Molti
credenti esitano di fronte al fatto di accettare la fede come puro fatto di
coscienza, oppure all'opposto fare della fede una identificazione pura e
semplice col processo della storia. Il primo scantonamento porta alla
mistificazione, il secondo porta alla vanificazione dell'annuncio di fede. Per
uscire da queste ambiguità, bisogna ritornare alle origini, cioè alla Sapienza
di Dio che ci ha concepiti, creati e ci ha mandati nel mondo. Solo così i
credenti ritrovano la loro identità ed il senso autentico della loro missione
sul, nel e per il mondo. In particolare, scoprono che la crisi d'identità nasce
dall’oblio della propria origine. Origine ontologica, che in Dio è prima dello
spazio e del tempo, è questo amore infinito ed eterno che ha costruito la
nostra storia. Se infatti si dimentica questo, resta solo l'orizzonte della
storia, che ingloba tutto come un suo prodotto, anche la fede, ridotta e
declassata inevitabilmente a prodotto della storia. Invece, se si riconosce
alla fede la sua origine, cioè la sua "antecedenza" alla storia, sia
per ordine temporale che qualitativo, allora coerentemente si deve riconoscere
che la fede può imporsi alla storia, ed in ogni modo è irriducibile ad essa.
Sapienza e storia sono quindi, i due orizzonti che unificano - ciascuno per
proprio ambito - tutto il reale: il primo è l'orizzonte dato da Dio, il secondo
quello che si da l'uomo. Ecco l’impegno quotidiano dei credenti che non possono
obbedire a formule confezionate, che sono chiamati nell'immutabilità dei loro
ideali eterni ad attualizzare giorno per giorno l'azione politica risultante
dall'orizzonte aperto da Dio ai credenti e dall'orizzonte che naturalmente
insorge nell'uomo, nell'impatto critico con la realtà che si trova a vivere e
che sperimenta. Se il passato teologico di questo tema è colmo di deviazioni,
il problema ad esso soggiacente è reale e quindi non può essere eluso. Solo
dalla fedeltà alla Storia e dalla
fedeltà alla Sapienza può scaturire
il giusto rapporto tra i due orizzonti. Maurice Blondel coglie la linea
costruttiva dei due diversi orizzonti, secondo la caratteristica della
rispettiva "necessità". Il problema è quindi libero dalle suggestioni
della psicologia, perché è solo e puramente un problema di carattere
ontologico. E' un discorso fortemente impegnativo, di alta precisione tecnica,
che non tollera ritardi di pensiero, né da parte dell'orizzonte della Storia,
come da parte dell'orizzonte della Sapienza. E' un discorso che obbliga alla
semplicità ed alla verità più pura che sia possibile. Questo discorso è libero
e si realizza indifferentemente su tutti i modelli culturali possibili,(che
ovviamente non neghino aprioristicamente o dogmaticamente il problema, come è
avvenuto nel marxismo o lo neghino solo di fatto come è avvenuto nelle
dittature di destra). Soprattutto se si considera come non esiste più l'unità
culturale, ma tutte le nazioni sono destinate a divenire multi etniche e multi
razziali. L'unità culturale sarebbe realizzata solo da una dittatura e sarebbe
il frutto di una ideologia che nega altre culture e che di conseguenza nasconde
il problema ontologico. In queste condizioni, quella di riferirsi ai modelli
culturali più vivi ed operanti è una scelta obbligata, perché l'unica
giustificata. Tutto questo senza soffocare altri modelli culturali che hanno il
diritto di evolversi, rinnovarsi e proporsi all'attenzione dell'umanità.
Accogliere un modello culturale senza preclusioni o dogmatismi, ma
verificandolo per la sua coerenza intrinseca, e quindi disposti ad accogliere
la conclusione della verifica qualsiasi essa sia. Il problema che, in teologia
si qualifica come apologetico, in realtà deve qualificarsi come ontologico,
questo è il vero problema ermeneutico della storia! Effettivamente l'orizzonte della storia risulta artefatto, perché incongruente
rispetto ai principi che pretendono di definirlo. Consegue, che vi è e vi deve
essere lo spazio obiettivo per un orizzonte
diverso. In altri termini, la Sapienza, non solo rivela, ma compie le
potenzialità insospettabili della storia. Se questo è difficile da comprendere,
è anche perché la privatizzazione della Chiesa, perseguita dalla storia, ha
comportato la ideologizzazione - e quindi la mistificazione - delle sue nozioni
fondamentali, che urge perciò ricuperare, in tutta la loro densità obiettiva,
al di là di ogni interpretazione riduttiva. Bisogna correggere l'ermeneutica
falsificante riascoltando la parola genuina di Dio.
In questa prospettiva, coerentemente, il discorso ecclesiologico
non può ridursi al discorso classico sulla natura della Chiesa, ma deve
assumere la forma propria del discorso della "teologia politica".
Si tratta infatti, per essere veramente fedeli alla Sapienza di
costruire la Chiesa, non di definirla, o, più operativamente, di far esistere
la "comunità cristiana" in cammino verso il suo "futuro".
L'autore presenta il suo discorso come "provvisorio", questo non è il
presupposto per disattenderlo, anzi al contrario, è una ragione per
accoglierlo. Nel tempo della ricerca i risultati non possono essere che
provvisori, ma la coscienza della loro provvisorietà è la garanzia del loro
valore: si sa che la ricerca continua, e quindi non si è caduti nell'illusione
e nella presunzione di presentare le cose definitive.
D'altra parte, questo genere di discorso, comunque venga
formulato, porta in se una provvisorietà congenita: gli deriva dall'essere un
discorso sulla realtà che deve venire:
ha quindi valore solo per l'oggi, e
bisogna rifarlo ogni giorno, fino all'ultimo dei giorni".
16
Aprile 1998, per non dimenticare
Lqbal Masiq
II 16 aprile di quest'anno tutta l’Italia
si mobilita contro il lavoro minorile, attraverso iniziative nelle scuole, sui giornali e nei programmi televisivi, a livello nazionale e locale. La scelta della data
non è casuale: è
infatti il terzo anniversario dell'assassinio
del piccolo Lqbal Masiq, un bambino pakistano di dodici anni che aveva osato ribellarsi alla sua condizione
di semi-schiavitù come tessitore
di tappeti e denunciare
i suoi sfruttatori, divenendo una sorta di sindacalista dei bambini lavoratori. Un personaggio troppo scomodo per chi sul lavoro
dei bambini si è arricchito: tre anni fa Lqbal rimase vittima di un colpo di fucile, sparato da un assassino rimasto ignoto. Quando fu ucciso, correva in bicicletta:
forse pensandosi libero, in quel momento,
di essere soltanto un bambino, e non il simbolo di un dramma. La
sua storia ha richiamato
l'attenzione dell'opinione
pubblica mondiale sui
terni del lavoro minorile
in tutto il mondo, e
non solo in Pakistan, Lqbal ripeteva spesso nei suoi interventi pubblici "nessun
bambino dovrebbe Impugnare mai une
strumento di lavoro, Gli
unici strumenti di lavoro che un bambino
dovrebbe tenere in mano sono penne e matite". Lui, dall'età
di quattro anni, tesseva tappeti. Era uno
del circa 8 milioni di piccoli lavoratori pakistani,
fra i 10 e i 14 anni; nel suo paese i bambini costituiscono
il 20% della popolazione attiva.
In minima parte sono impiegati nell'artigianato e nel lavoro agricolo,
mentre la gran parte lavora nell'edilizia, fabbricando mattoni d'argilla, o nelle fabbriche. Al loro lavoro si deve in larga misura il recente "miracolo economico"
pakistano; o meglio,
alla loro schiavitù,
perché alla modernità dei prodotti:
strumenti chirurgici e ottici, palloni da calcio, fa da contraltare
una condizione di lavoro servile.
Il lavoro minorile,
un problema globale
(Travaglio d’IDENTITÀ alle soglie del terzo millennio in contesto di globalizzazione) La razionalità,
in altre parole il metodo delle scienze “esatte”, aveva finito con l'imporre il
suo metodo a tutte le altre branche del
sapere, di conseguenza ha finito col negare autentico valore conoscitivo a
tutti gli altri ambiti del sapere, finendo con lo squalificare ed oggettivare
l’esperienza umana.
Questo movimento scientista ha inciso profondamente dall’800 ai
giorni nostri, sgretolando la metafisica, il senso di Dio ed ovviamente,
l’oggettività e l’universalità del Valore. Dalla fede in Dio si è passati nella
fede nella scienza rendendo il sapere e le certezze umane tutte relative, da
questo nasce la confusione ed il disordine della nostra società che rappresenta
il terreno favorevole dei peggiori tra gli uomini. La virtù ha perso un
fondamento culturale mentre il crimine ne ha trovato uno nel relativismo.
Questo è ampiamente dimostrato dalla spavalderia aperta dei malavitosi e dai
tanti timori a cui va soggetta l’onestà.
Così abbiamo assistito al crollo del senso religioso, degli ideali
e perfino a quello delle ideologie. Una situazione nebbiosa di opinabile e di
incertezza sul piano psicologico, una condizione di relativismo e di pensiero
debole sul piano filosofico, hanno regalato a tantissimi il travaglio
esistenziale di cercare, di ricercare e di cercare ancora per laceranti
tentativi la propria IDENTITÀ. Quest’enorme fatica, questa dolorosa gestazione,
nel tentativo a volte vano di costruire qualcosa avendo a disposizione solo una
grande penuria di materie prime ed al contempo infinite proposte fuorvianti.
In particolare, le società occidentali sono in crisi da troppo
tempo e non si trova soluzione alcuna a quelle situazioni che vanno sotto il
nome di crisi giovale, crisi ambientale, ecc. Abbiamo ottimi sociologi che
sanno fare perfette analisi della situazione, ma nessuno che sappia tracciare
delle definitive soluzioni al fenomeno di generalizzato disagio.
A conclusione di una conferenza ad altissimo livello culturale sul
disagio giovanile ho ascoltato questa soluzione: “I genitori devono seguire
maggiormente i figli!”. Ma chi deve stare con i genitori, dal momento che anche
loro sono in crisi? Chi potrà aiutare i nostri figli dal momento che tutta la
società è in crisi? Allora è necessario uscire da una razionalità diversa da
quella scientista che pretende di dare una spiegazione a tutto con il suo
metodo, ma che invece, ha finito col costringere l’inesauribile esperienza
umana in un quadro meccanicistico. E’ ovvio comprendere come la scienza sia
ottima nel suo specifico, ma diviene pericolosa quando con il suo metodo (che
vedremo tra un po’ essere conveniente più che definitivo), pretende di invadere
tutti gli ambiti dello scibile umano, così proprio la mentalità scientista
porta il massimo insulto alla scienza, trasformandola da serva dell’uomo in
padrona. Questo criterio -ovviamente- è anche valido per tutte le altre branche
del sapere, che per essere utili non devono prevaricare i loro ambiti e
sconfinare nell’altrui competenze. Da questo possiamo desumere una regola
aurea: “ Ogni disciplina del sapere ha valore per quello che afferma, ma non
per quello che pretenderebbe negare ad altri settori del sapere”.
Il tentativo d’assolutizzare è sempre stato una facile tentazione
per i pigri e per gli ignoranti, che hanno portato tante rovine al genere
umano. Lo scientismo ha ridotto appunto l’inesauribile risorsa umana in un
quadro meccanicistico. Ma già a fine 800 non si poteva più onestamente ridurre
i fenomeni elettromagnetici e termodinamici a puro meccanismo. La teoria della
relatività e quella dei quanti, ad inizio 900, metteranno fortemente in
discussione i principi fondamentali della fisica, conducendo a quello stadio
attuale che è la crisi della “meccanica classica”. La scienza è quindi una
opinione che si sottomette al concetto dell’utilità e non della verità, oppure
possiamo dire che la scoperta scientifica è una verità relativa, molto piccola
e transitoria, insomma una verità dal destino più o meno breve. Verità e certezza cessano di essere anche i requisiti
delle matematiche che sono soltanto dei sistemi ipotetico-deduttivi, questo fu
compreso a motivo delle geometrie non euclidee e a causa delle scoperte
“antinomie” in seno alla teoria degli insiemi su cui si credette di fondare
solidamente l’intero edificio matematico. In realtà, la matematica è solo una
convenzione che risponde al criterio del comodo e dell’utile piuttosto che a
quello del vero. Mentre non si sono divulgati
i veri contenuti della ricerca scientifica, si è invece operata una
sistematica spoliazione della metafisica e del suo ruolo di interpretare l’uomo
e la morale. Le conseguenze di tutto
questo, oggi sono sotto gli occhi di tutti. La prevaricazione del metodo
scientifico su tutti gli altri metodi, aveva fatto della teoria
dell’evoluzione il criterio per ridurre
l’uomo semplicemente ad un animale maggiormente dotato o evoluto... La
sociologia bollava le manifestazioni dello spirito, leggendole come
determinismi collettivi dai quali giungeva addirittura a far scaturire il
concetto di persona. La personalità di ognuno non sarebbe quindi che il frutto
di un determinismo collettivo, proprio come avviene per i conigli. La
psicologia assolutizzava tutto entro meccanismi deterministici con cui spiegava
il senso morale e la dimensione religiosa. In questo contesto deterministico è
evidente come l'uomo non sia libero delle sue scelte, per questo si vanifica il
concetto libertà e della relativa responsabilità di ognuno di noi. Cosa può
restare del senso del peccato? La scienza poneva nelle mani dell’uomo risorse
impensabili, ma nel frattempo l’uomo aveva perso la sua IDENTITÀ, la sua anima,
abbrutito poteva utilizzare queste immense risorse per autodistruggersi.
Tantissimi erano gli spazi di umanità che si erano e si sono persi, come la
solidarietà, la compassione e la capacità di dialogare. Per fortuna, oggi,
nessuno è così ingenuo dal credere che la scienza staccata da un senso morale
oggettivo ( fondato sulla legge naturale che trova una eco perfetta non solo in
tutte le religioni monoteistiche che nascono dal decalogo ma anche nell’insegnamento
d Buddha) sia sempre utilizzabile per il benessere dell’umanità. La
manipolazione genetica e le infinite manipolazioni da cui quotidianamente
dobbiamo difenderci ne sono una dimostrazione drammatica di quanto sia
pericoloso un uomo che non abbia una vita spirituale. Ma la dimensione
spirituale - è la vera costituzione della dignità e dell’essere di persona
veramente umana e civile - non è un ambito che la scienza con il suo metodo può
investigare. Ecco la sfida culturale
che l’umanità deve vincere alle soglie del
2000, trovare in contesto di globalizzazione, un senso morale oggettivo
ed universale, un nuovo progetto culturale per un umanesimo globale
ed integrale. A questo progetto sto
lavorando da circa due anni, c’è chi desidera aiutarmi? Sarà certo più faticoso
farsi un quadro globale di interpretazione della realtà e dell’uomo nella sua
globalità, ma senz’altro più onesto intellettivamente. Più onesto
intellettivamente sarà tornare a fare i conti con la dimensione della
trascendenza, che coinvolge sempre più l’interesse delle giovani generazioni.
Il male dell’essere, la ricerca dell’IDENTITÀ, il problema della convivenza
pacifica, all’interno degli infiniti interessi della globalizzazione, impongono
il ripristino della metafisica nel suo ambito specifico perché la vita è
spiegabile solo con le categorie dell’amore che sono categorie di infinito e di
poesia. Per concludere dobbiamo riconoscere che la fede non è contrapposta alla
scienza o viceversa. La realtà del progresso vero dell’umanità e della tutela
dell’uomo sono proprio l’opposto, infatti il credente che dogmaticamente
rinuncia alla sua intelligenza e di conseguenza al dato scientifico è destinato
a diventare superstizioso, intollerante e perfino criminale, ovvero sopprimere
in nome di Dio altri esseri umani. Lo scienziato senza la fede, la speranza e
l’amore, senza un sistema etico oggettivo e naturale utilizzerà il suo potere
scientifico per i suoi interessi economici o li sottometterà alla logica del
suo “dittatore”. L’uomo viene offeso e deturpato quando fede e scienza come due
sorelle non si danno la mano. prof. Scarola Lorenzo. (art. liberamente
elaborato da Didattica e Scuola, 1987)
Come educatori abbiamo il dovere di motivare gli alunni allo
studio ed all’autopromozione, essi devono autotrascendersi continuamente, solo
così potranno non inibire le grandi possibilità che sono nelle loro
potenzialità. Essi devono giungere ad amare più la cultura e la ricerca
scientifica che l’istituzione scuola. Ci assumiamo una terribile responsabilità
nel momento in cui i nostri voti non sono espressione della realtà, e quando
certifichiamo che un alunno può essere promosso pur non avendo onestamente e
responsabilmente studiato. L’alunno ha diritto di trovare nella scuola un
modello alternativo di società.
Ha diritto di sperimentare che è possibile una società basata sul
merito e sulle regole della trasparenza e della giustizia.
Non spegniamo nei nostri
alunni la speranza che è possibile costruire una società migliore. L’equità è
sommamente educativa se è unita ad un atteggiamento di comprensione. Si può
essere promossi se non si sono raggiunti sufficientemente tutti i risultati, ma
mai si deve poter essere promossi se questa mediocrità è il frutto di una
mancata e coerente applicazione. Se avviene il contrario, noi siamo i primi
corruttori della società. Autogestioni interminabili, milioni di ore di scuola
perse solo perché mancano gli organici anche fino a novembre. Insegnanti che si
adeguano alla classe e alla sua non volontà di studio. I ragazzi si
demoralizzano completamente nei confronti del sacrificio dello studio quando
constatano che nonostante non hanno studiato sono stati promossi. Un collega mi
ha detto: “Vogliono tenere nell’ignoranza il popolo italiano per meglio dominarlo”.
Valenza dell’insegnamento
religioso
Come si controlla il sistema scuola? Non certo attraverso il
Provveditorato o il Ministero, che allo stato attuale sono dei feudi, in cui anche
dei semplici funzionari riescono a gestire un complesso sistema di clientele.
Si mettono i documenti a posto, si fa finta di non vedere, di non capire e
certe situazioni incancreniscono è il concetto stesso della giustizia e della
didattica che viene offeso. Occorre un’Autority indipendente dal sistema di
potere occulto che risponde spesso a logiche di forza invece che a una retta
impostazione della didattica. Quando in prima istanza ci si rivolge al
Provveditorato, in seconda istanza ci si deve poter rivolgere all’Assessorato
della Pubblica Istruzione del Comune di appartenenza, autorità politica
certamente più sensibile alle legittime istanze del territorio. In terza
istanza contro la sentenza dell’Assessore, controfirmata dal Sindaco, si deve
poter ricorrere in appello al TAR. Attualmente assistiamo alla beffa che il
Provveditorato giudica se stesso, in quanto non esiste altro organo competente
per giudicare l’azione didattica.
Dobbiamo finanziare la scuola privata? Dobbiamo finanziare i
ricchi? Tutti diremo di non finanziare i ricchi! Questa è stata la politica
demagogica delle sinistre nei confronti della scuola privata. Ribaltiamo il
problema e vediamolo dal punto di vista del diritto delle famiglie. Perché il
cittadino che paga le tasse non deve essere libero di poter mandare il figlio
dove vuole? Perché devono poter accedere solo i facoltosi alle scuole private o
all’educazione cristiana? Perché per motivazioni economiche un cittadino non
deve poter dare al figlio quella formazione culturale e umana che desidera
dare? Perché deve esistere per i non facoltosi un monopolio dell’educazione?
Perché dobbiamo creare Presidi e insegnanti parassiti e incapaci nella pubblica
amministrazione? Le scuole non competitive e non professionalizzanti devono
essere soppresse con l’esodo degli alunni. Sull’offerta formativa, infatti, si
gioca il destino delle future generazione e dell’intera società. In una società
liberale e democratica questi impedimenti e queste restrizioni ed i conseguenti
privilegi non devono poter esistere. Si vuole una scuola omologata e di massa
perché essa può lentamente ed inavvertitamente diventare scuola di regime, e
sformare generazioni di rincoglioniti, con le facoltà critiche bruciate,
generazioni dalla coscienza e dal respiro debole. La pluralità culturale,
l’uguale accesso di tutte le agenzie educative in condizione di vera parità fa
paura a chi vuole soltanto una parvenza di vita democratica. Ci si deve
ricorrere allora alle indegne strumentalizzazioni sulla scuola privata che
abbiamo fin qui assistito. L’impiegato nella pubblica amministrazione o nella
scuola privata che non corrisponde ai canoni della legalità prefissati dal
Parlamento deve essere licenziato su due piedi e messo in mobilità.
LETTERA APERTA
AI COLLEGHI DELL’ITC
“Tommaso Fiore”
Il
principale compito della scuola è quello della formazione del cittadino;
esiste, infatti, una oggettività laica della formazione morale che ha il dovere
primario e inderogabile di educare al senso del giusto e dell’onesto. Non si
possono livellare il lavoro e l’ozio, il merito e il demerito, senza mettere in
pericolo il destino delle future generazioni. E’ enorme il valore della scuola,
il nostro valore, nel costituire il destino delle future generazioni e
nell’attrezzarle con amore, rettitudine e professionalità a percorrere la via
della civiltà. La scuola ha il compito primario di educare proprio a questo. Un
atteggiamento non sicuro dal punto di vista educativo porta alla barbarie. La
valutazione, se vuole essere educativa, deve seguire sia il criterio oggettivo
che quello soggettivo. Oggettivamente, noi dichiariamo che Giacomino è
ragioniere o può essere promuovibile alla classe successiva, se così non fosse,
da bugiardi, attesteremmo un falso in atto pubblico. Soggettivamente, invece,
guardiamo alla situazione ambientale della classe e all’impegno profuso
dall’individuo esaminato. Se la valutazione non scaturisse sia dal lato
soggettivo che da quello oggettivo ci troveremmo, alternativamente,
nell’atteggiamento di lassismo o di crudeltà. La situazione di lassismo,
attualmente, è quella di gran lunga più frequente. Il buonismo, il mammismo,
porta avanti situazioni che si incancreniscono fino a compromettere,
culturalmente e psicologicamente lo sviluppo delle giovani personalità.
Purtroppo, il nostro Istituto, come molti altri, si trova imbrigliato nel
buonismo che vede la scuola come un luogo obbligato di parcheggio, dove si può
sacrificare sia la oggettiva formazione culturale che l’indispensabile
contributo della buona volontà individuale. La sfiducia degli alunni in questa
istituzione va sempre più crescendo, frasi dal tenore: “Perché questa scuola è ?”, oppure
atteggiamenti di scoraggiamento e di crescente demotivazione e disaffezione
allo studio sono il frutto di promozioni immeritate, che portano i pigri a
essere sempre più pigri e i volenterosi a scoraggiarsi, con una politica
didattica che produce sia il ribasso qualitativo che quantitativo. Politica
dello struzzo più che miope se vuole essere una soluzione al calo delle
iscrizioni. Solo una scuola professionalizzante e propositiva di valori etici
chiari e inderogabili, potrà superare il calo delle iscrizioni. Anche la
didattica è l’azione duplice e coordinata del corpo docente e dei discenti, ma
la realtà di docenti unicamente complici con le aspettative degli alunni è
tutt’altro che rara, questi hanno si un compito facile e populistico, scevro da
critiche e fastidi e fatiche ma compiono un crimine nei confronti della
speranza e del destino dei singoli e delle comunità. Atteggiamenti che vadano
solo nella direzione delle aspettative dei ragazzi, anche se sono minoritari,
sono, tuttavia, devastanti nei riguardi del lavoro degli altri colleghi.
Sufficienze, strappate all’ultimo momento, per un argomento a piacere o voti
largheggiati, portano a quel tradimento etico delle future generazioni dalle
tragiche prospettive future. La società in genere e la nostra società
territoriale in particolare, potrà essere salvata o perduta dai nostri criteri
valutativi se essi saranno o non saranno una ingiuria alla giustizia e alla
verità che noi siamo chiamati a concretizzare ed a testimoniare con la nostra
vita. I nostri ragazzi sono già abbastanza sfortunati perché sono nati in
un’era di crisi morale, ideale, politica ed economica. Vi scongiuro nel nome di
Dio, non scippiamo loro l’unica certezza che noi possiamo loro ancora offrire:
la speranza. La speranza in un futuro migliore e politicamente possibile, la
possibilità di lottare per una società alternativa di cui noi siamo l’immagine
profetica. Signori, non vedete come molti ragazzi ci muoiono di noia. Non
esiste nulla di più noioso che ottenere qualcosa che non si è meritato, per cui
non si è lottato. Solo una vita conquistata, fors’anche sofferta è degna di
essere vissuta e si dischiude naturalmente alla gioia.
Grumo
Appula 17/06/1998 Affettuosi
saluti dal vostro collega di IRC Lorenzo Scarola
Con
il garantismo e il permissivismo stiamo rovinando i nostri giovani e il futuro
della nostra società
Gli
spinelli nel bagno
Il
molto basso livello culturale e la fragilità psicologica.
Descrivi
la quinta E e la quinta B
Non si deve mai superare il numero di 20 alunni per classe.
PROGRAMMAZIONE
Interazione tra azione oggettiva del programma e realtà soggettiva
della classe.
PROGRAMMA
Indica i saperi minimi entro cui o viene bocciata la classe o
viene licenziato il professore.
Un docente che al contempo non sia un maestro di vita e un esempio
di virtù, non dovrebbe mai osare di mettere un solo piede nella scuola.
Al
Presidente del Consiglio,
Il docente di Religione
prof. Lorenzo Scarola approfitta della presente ed esterna le sue preoccupazioni
sul mondo della scuola.
La scuola oggi, purtroppo, in perfetta
continuità con la politica malefica dell’ulivo, mostra di essere guidata dai
burocrati e di avere un ministro della Pubblica DIstruzione dalla debole
personalità, attualmente, purtroppo senza un progetto educativo si scardina il
futuro del nostro paese:
1. Tutta
l’Italia ha fatto ricorso contro le ingiustizie del SIS che con corsi a
pagamento ha regalato ben 30 punti. Sono stati pagati 30 punti. Ma il Governo
non é intervenuto. A mio giudizio con due anni di corso avrebbero dovuti essere
attribuiti 12 punti che equivarrebbero a due anni di servizio nelle scuole
private.
2. Siamo
costretti a tenere in classe fino ai 16 anni, bulli e delinquenti che non
vogliono essere coinvolti o motivati. Vengono in atteggiamento di sfida per
esercitare unicamente azione di disturbo. Saltano così tutte le responsabilità
che abbiamo nel tutelare il diritto all’istruzione e alla formazione.
3. C’é
un malefico slogan “vietato, vietare. Vietato punire vietato bocciare”. Tutti
vanno promossi alla fannullaggine, alla volgarità, ecc… Cos’ì anche il rapporto
impegno-promozione é stato distrutto, come anni fa quello di merito-promozione.
Per non perdere cattedre promuoviamo comunque.
4. Tanti
progetti ben lucrativi del POF, miliardi a cascata per i docenti di serie A:
lecchini del dirigente scolastico, gli amici degli amici, e i caporali delle
istituzioni. Le “briciole” ai docenti di serie B. L’ostracismo ai progetti
presentati dai docenti di serie C, gli indipendenti o gli schifati dell’attuale
situazione.
SOLUZIONE:
1. Le
classi devono partire con max. 20 alunni ed essere mantenute per un numero
effettivo di dodici.
2. Il
libro di testo “istituzionale” deve essere elaborato per tutto il territorio
nazionale e stampato in forma sintetica dal Ministero, donato al bisognoso.
3. Dalle
scuole superiori deve essere introdotta la categoria del merito, i corsi devono
essere trasversali. Quelli che come delinquenti e bulli oltraggiano l’azione
educativa devono essere affidati ad una sezione speciale, per attività pratiche
in qualsiasi momento dell’anno scolastico.
4. I
docenti devono partire con uno stipendio base di 1500 Euro, fare 18 ore
effettive di lezione, più 6 ore settimanali da dedicare ad aggiornamento, a
progetti e a riunioni collegiali ridotte al minimo (meno burocrazia, più
dignità all’azione didattica ed educativa del docente).
22- 05 - 02
I due attori della didattica sono il docente e la scolaresca, ma una
impostazione didattica equilibrata che veda in armonia queste due componenti è
oggi in Italia una vera chimera. Nella scuola è in atto uno scontro e una
incomprensione di fondo fra due diversi atteggiamenti erronei. L’atteggiamento
maggioritario è quello di guardare alla realtà della classe, alle sue capacità
di studio a casa e alle sue abitudini di apprendimento adattandovisi. In questa
condizione è la classe che impone al docente un comportamento che è sempre al
ribasso sia sul piano qualitativo che quantitativo, sia sul piano della
didattica che della disciplina, con la evidente penalizzazione dei migliori, e
con la frustrazione continua degli alunni e docenti onesti. L’atteggiamento
minoritario è rappresentato dal docente idealista e ingenuo che ha di fronte
l’oggettività di un programma e di uno studio finalizzato alla formazione
culturale e professionalizzante dignitosa, con la conseguenza di ammalarsi di
fegato e di mettersi contro alunni, genitori e colleghi. E’ comodo, quando
disonesto il primo atteggiamento populista, perché in fondo: 1- si accontentano
i ragazzi, 2- si lavora meno, 3- non si
hanno critiche, 4- si trattengono disonestamente degli studenti e non si
mettono a repentaglio posti di lavoro. Ma al futuro cittadino di donami si nega
sia la possibilità di apprendere un lavoro in tempo utile che una dignitosa
formazione culturale e professionale, si trasformano le scuole in luogo di
parcheggio e in terreno di coltura per ogni vizio devastante a cui apre la noia
e la frustrazione. A questo punto va chiarito il concetto di dispersione
scolastica che va inteso solo se relegato all’interno della scuola dell’obbligo
(scuola media inferiore) e entro il quattordicesimo anno di età, e inoltre per
i bisognosi, che abbiano la media del sette, senza limite di età, con borse di
studio cospicue, affinché non sia la indisponibilità economica a limitarne lo
sviluppo culturale. Lo stato deve normare e tutelare il lavoro del
quattordicenne assumendosi le spese assicurative e contributive (vedi:. Lavoro
minorile). La retta impostazione didattica è data dal fissare gli obiettivi
minimi a livello di collegio docente sia in proporzione della quantità che
della qualità, bisogna poi avere il coraggio di applicare il limite dello
sbarramento, anche se si sarà costretti a respingere la metà degli studenti. Se non si utilizzerà il
metodo del rigore non si potrà arrestare il periodo di crisi e di degrado della
nostra società che sfocerà in eventi veramente drammatici. La didattica è
allora il frutto di un incontro tra un dato oggettivo che può essere
elasticizzato solo entro i parametri prefissati dal Collegio Docenti o dal
Ministero della Pubblica Istruzione e la realtà della classe che dovrà produrre
ed essere messa nelle condizioni di poter produrre quell’accrescimento umano,
culturale e professione che solo può garantire il futuro della nostra
società.
Trattasi di un fenomeno contro l’evoluzione storica, una forma di
regressione psicologica e politica, una forma di egoismo. Tutt’altra cosa è
invece il federalismo.
Storicamente andiamo contro l’abolizione delle frontiere nazionali
e verso il più ampio senso di appartenenza possibile
.
E’ un processo caratteristico del mondo contemporaneo. Il mondo,
l’uomo, la storia vengono considerati a prescindere dalla loro radice, cioè in
una realtà trascendente.
Ma già la «teologia tradizionale» comprendeva come il distacco da
Dio è il principio di una grande catastrofe, quella che noi stiamo vivendo.
Mai l’uomo in occidente è stato così ricco di mezzi e mai al tempo
è stato così insoddisfatto. Abbiamo avuto addirittura una «teologia della
secolarizzazione» (anni ’50-60, Gogarten, Metz): che distingue il mondo da Dio
e permette a Dio di essere divino e all’uomo di essere mondano, ma i risultati
sono tragici, sono quelli di una de-cristianizzazione di fatto e una
artificiale quanto fasulla «autofondazione dell’uomo».
Questa rivolta dell’uomo in cerca di autonomia contro Dio. Le
cause di questo conflitto sono da ricercare: 1. tra necessaria autonomia e
teonomia schiacciante; 2. reviviscenza
dell’umanesimo antico, nel Rinascimento; 3. lacerarsi del tessuto ecclesiale
nei secc. XV-XVI, guerre di religione: Dio non ha più una funzione di
unificazione sociale; 4. affermarsi della borghesia moderna: l’uomo si realizza
mediante il lavoro, e la conoscenza; 5. nascita delle scienze moderne:
contrasto fra dati biblici e dati scientifici.
La religione si riduce e diventa un fatto meramente interiore,
morale privato, non più sociale. Dio diventa un fattore ininfluente nella
spiegazione del mondo: si vive etsi Deus
non daretur (Bonhoeffer): è un Dio morto, che non conta nulla. Ma se Dio
scompare, anche il mondo e l’uomo scompaiono: bisogna parlare di Dio, per
salvare l’uomo. Ecco la VALUTAZIONE DEL VAT. II: 1. le creature e la società
hanno leggi proprie, che vanno scoperte ed usate; 2. Le creature e le società
hanno ricevuto una reale autonomia, ma questa è somma responsabilità (in Gaudium et Spes, 36).
Oggi, per non rischiare di dare dello stupido a qualcuno si dice
di lui che è: “semplice”. Questa è
l’ipocrisia e la distorsione linguistica che indica tutto il disprezzo che
questa cultura materialista ha dei valori spirituali, dei valori più eccelsi a
cui un uomo può aspirare. La semplicità è la qualità dell’uomo maturo che ha
distaccato il suo cuore dall’effimero apparire e ingannare delle apparenze.
I servizi
segreti sono una istituzione importantissima in una nazione moralizzata, ma
divengono il principale fattore destabilizzante per un ordinamento democratico
quando si pervertono. Sono essi che rendono impunibili gli atti di criminalità
dell’alta finanza, e delle lobbie politiche. Se in una nazione esiste una
radicata organizzazione mafiosa, i servizi segreti devono essere subito
sciolti, iniziando dal vertice per finire all’usciere del palazzo. La presenza
di solidificate organizzazioni criminali indica inequivocabilmente il presentimento dei servizi segreti.
L’attrazione sessuale è un istinto primordiale, tutt’altro che
peccaminoso, esso è il gratificante desiderio di compiacimento che
sperimentiamo nei confronti del sesso opposto. E’ una forza potente e
costruttiva se viene vissuta con maturità umana e affettiva. Personalmente non
accetterei le proposte sessuali di donna alcuna, perché per me la genitalità ha
valore sacramentale, ed io sono sposato e consacrato a Dio. Mi sento attratto
dalle forme femminili, sento in me il desiderio di compiacimento o attrazione,
ma non ho desiderio di congiungimento carnale e questo un grande dono del cielo
considerata anche la mia focosa natura. Ringrazio il Signore per tutta questa
serenità che mi ha concesso e mi dispiaccio di non vedere questa serenità in
tanti uomini. Liberiamo il sesso dalla volgarità, ricopriamolo di dignità.
Onore e amore.
Il fumo da tabacco è la principale fonte di morte prematura nel
mondo.
Chi acquista il tabacco incrementa le tasse che ha già versato allo
Stato. Chi acquista sigarette dal contrabbando finanzia la criminalità
organizzata e si macchia moralmente le mani di sangue. Possiamo fumare, purché
il fumo non diventi un vizio che non riusciamo più a dominare.
Un uomo che si lascia dominare non è un uomo.
(MILIZIA MARIANA,UNA RELIGIONE VALE L'ALTRA?, DI GIUSEPPE FERRARI,
P.18 sett. 1994, N.7) Con il termine sincretismo si indicano quelle concezioni
religiose derivanti dall'accostamento e dalla fusione di elementi presi da
forme religiose diverse e non convergenti. La credenza sincretistica si fonda
in genere su una interpretazione dei sistemi di pensiero e delle correnti
religiose da cui trae gli aspetti fondamentali, che in alcuni casi tende in
modo eclettico a minimizzare o eliminare gli elementi di divergenza esistenti
nelle realtà originarie e a sottolineare le loro affinità, e in altri casi ad
accostare e mescolare elementi inconciliabili o incompatibili rilevabili nelle
stesse.
Negli anni recenti sono sorti molti movimenti e gruppi di diversa
matrice e ispirazione che sostengono una visione relativistica della religione.
Alcuni, inoltre, evidenziano un chiaro carattere sincretistico.
E' necessario seguire un credo e ritenere che esso sia assoluto!
Infatti le coordinate spazio temporali in cui l'uomo è costretto, gli impongono
di non relativizzare o adattare il proprio credo religioso, la propria fede,
pena la confusione e la dispersione dell'essere! E' necessario avere un credo,
una religione e ritenere che essa sia assoluta, la migliore possibile. Intorno
ad un credo specifico si giochiamo la propria identità di uomo incarnato nella
storia e condizionato dallo spazio e dal tempo. No al sincretismo! No
all’aggiungere alla propria religione elementi teologici e disciplinari
diversi. E’ molto pericoloso il tentativo di crearsi una propria religione,
ovvero il sincretismo. Nessuno presuma della sua superiorità spirituale al
punto da potersi sentire moralmente e teologicamente distaccato da una chiesa
/religione particolare.
Diciamo
tutt'insieme no alla sfiducia, diciamo insieme SINDACATO
Quando in un collega trovo la sfiducia, questo è SEMPRE INDICATORE
della mancanza di una coscienza sindacale, ovvero atteggiamento di impotenza di
fronte a "giochi occulti" che si vivrebbero al di sopra della sua
testa ed ai quali non può far altro che soggiacere.
Luoghi comuni ed affermazioni acritiche per un fatalismo passivo,
che nuoce ad un professionista dell'educazione e della cultura che invece ha
bisogno di essere sereno e sicuro nel coltivare un'alta stima del suo ruolo
nella scuola e nella società, portatore di ottimismo, di civiltà e di speranza.
Il fatalismo passivo, il vittimismo sono non solo il sintomo di un
vuoto di consapevolezza sindacale, ma anche il sintomo di un disagio profondo,
consapevolezza errata di impotenza e di pessimismo. Si comprende come, a lungo
andare, questo possa portare alla autodemolizione.
Ma chi si accinge a compiere una grande o una piccola opera deve
essere serenamente orgoglioso di quello che fa, consapevole di quelli che sono
i suoi diritti, affinché possa avere fiducia in se e nei mezzi che sono a sua
disposizione. Deve essere informato sul fatto che le leggi favorevoli sono di
gran lunga maggiori di quelle sfavorevoli, e deve essere attrezzato su un suo
preciso dovere morale: lottare per tenere alta la dignità della sua
professionalità. Consapevole che può molto nella unità e nella comunione, può
molto nel perenne e costante processo di trasformazione della società. Lo
spazio lasciato, il vuoto creato nelle istituzioni è sempre grave e colpevole.
Il Concilio Vaticano II, ha indicato chiaramente la via della responsabilità
nella comunione e nell'autodeterminazione, ha chiamato alla responsabilità i
fedeli laici che devono assumersi le loro responsabilità, essi devono incarnare
la fede in tutte le realtà temporali. Il Concilio Vaticano II, ed una serie
impressionante di documenti ecclesiastici, chiama il cristiano ad uscire dalla
sindrome del "minorenne" ed a farsi responsabile "adulto"
delle scelte politiche, economiche e culturali che il suo essere cristiano
nella storia comporta.
Dobbiamo rendere ragione della nostra fede, non solo nelle
sacrestie, ma in tutte le strade del mondo. Ho nelle orecchie le parole di
S.Paolo: "Tu mostrami la tua fede senza le opere io ti mostrerò le mie
opere....." Fatti! Opere! Progetti! Conquiste!
Sono i frutti del nostro Sindacato! Tutto il contrario di un
atteggiamento fatalisticamente passivo. IL SINDACATO grida ai quattro venti:
"Finalmente! Per dire basta a chi: ti fa sentire un mendicante..., non
riconosce la tua professionalità..., ti discrimina perché insegni
religione." Come possono affermare alcuni colleghi: "il sindacato non
serve a nulla é non può nulla, tutto dipende dalla CEI", proprio ora ho sotto
gli occhi le numerosissime realizzazioni dello SINDACATO dall'Ottobre 1992 ad
oggi, i tanti ricorsi al TAR (tutti con esito vincente), convegni,
aggiornamenti e contatti fruttuosi a tutti i livelli, in particolare con il
M.P.I..
Come possono alcuni colleghi dire: "La CEI ha venduto lo
stato giuridico degli IdR per ottenere l'otto per mille". Ma questo dove è
scritto? Chi lo ha detto? Tuttavia comunque e sempre, non dobbiamo dimenticare
che solo il Signore è il Signore che guida la storia degli uomini e la Sua
Sposa: la Chiesa nostra madre. Da piccolo intellettuale di provincia ho capito
che senza stato giuridico gli IdR, hanno le ore contate nella scuola, lo stato
giuridico è la sfida prioritaria per assicurare ai ragazzi una fondamentale ed
insostituibile fetta del sapere e della formazione civile ed umana.
Ora questo non l'ho capito solo io, ma prima di me lo hanno capito
i nostri pastori, lo hanno capito tutti gli uomini (anche atei) che avvertono
l'urgenza di preservare e trasmettere l'identità storica e culturale del popolo
italiano! Solo lo stato giuridico agli IdR preserverebbe la scuola italiana nel suo ruolo culturale e
nel suo compito a vantaggio di tutti, diversamente si andrebbe incontro ad un
degrado umano, ideale e culturale dai risvolti catastrofici. Ormai è la
comunità civile che appropriatasi dei contenuti del cristianesimo comprende che
senza degli stessi è destinata ad estinguersi. Tutto questo è lontanissimo da
inesistenti vantaggi confessionali.
Certo, la legge, prevedendo la possibilità di non avvalersi di
tale insegnamento, priva l'alunno di una ricchezza: di crescita, di
approfondimento, di chiarimento esistenziale sui valori che appartengono alla
ricerca dell'uomo e non soltanto del credente.
Non è un caso che dove si registra una maggiore esenzione dall'IRC
si evidenzia anche un maggiore disagio giovanile. Tuttavia, perché quella
briciola di ora possa dare i frutti sperati è indispensabile vivere negli
orientamenti indicati dai vescovi: "il docente di religione è chiamato a
dare senso e valore al suo lavoro primariamente sul piano dell'intenzionalità
educativa che trova il suo principio e sostegno nella fede che il docente
professa e vive... gli alunni hanno diritto di incontrare in lui una persona
credente, che suscita interesse per quello che insegna grazie alla coerenza
della sua vita, e alla manifesta convinzione con cui svolge il suo
insegnamento". Nella stessa nota pastorale riguardante l'IdR si dice:
"L'insegnamento della religione cattolica è un servizio educativo a favore
delle nuove generazioni, volto a formare personalità giovanili ricche di
interiorità, dotate di forza morale ed aperte ai valori della giustizia, della
solidarietà e della pace, capaci di usare bene della propria libertà". E'
ampiamente dimostrato come l'IRC non è catechismo e non ha risvolti ideologici,
ma è autenticamente un servizio sincero, al fine di educare i ragazzi ai valori
della vita, della religiosità e della spiritualità essenziali per una
formazione globale, all'interno delle finalità della scuola ed in armonia con
le altre discipline.
Così è evidente che il servizio educativo deve essere offerto a
tutti e non solo ai cattolici, anche perché questo favorisce l'attitudine al
confronto, al dialogo, alla tolleranza che sono il più grande investimento per
il futuro della nostra società. Certamente la facoltà di non avvalersi dell'IRC
nasce da un atteggiamento ideologico che per questo non può focalizzare la
realtà nella sua giusta dimensione. L'insegnante di religione nella sua veste
di cittadino come in quella di credente è "mandato" per assolvere un
ruolo delicato ed importante e questo con strumenti tanto poveri che nessuna
disciplina all'interno della scuola condivide. Si tratta veramente di una
grande responsabilità; si richiede grande coraggio e grande correttezza civile
ed ecclesiale, che come mi risulta, la grande maggioranza degli IdR vive con
dignità e professionalità, spesso circondati da indifferenza, da ostilità
ideologica miope ed immeritata.
Colleghi, siamo ed esprimiamo "tutti" l'orgoglio del
grande privilegio che abbiamo ottenuto, pur fra le evidenti, ed a tutti note,
difficoltà. Non lasciamoci imprigionare nella rete delle tante difficoltà, ma
coltiviamo sempre più la nostra professionalità che viaggia di pari passo sul
doppio binario della legittima coscienza ecclesiale come della legittima
coscienza civile e sindacale. Non possiamo attendere fatalisticamente gli
eventi, siamo chiamati alla fedeltà al Vangelo che nella direzione del Concilio
Vaticano II ci chiama ad essere responsabili e protagonisti del nostro futuro.
Per tutti ed a tutti una sola parola: SINDACATO. 23/ 09/ 96 LORENZO SCAROLA
Padre Alberto Hurtado è stato beatificato. E’ stato un apostolo di
Cristo che ha svolto una feconda attività pastorale ed è proprio per questo che
è stato una gemma preziosa anche per la concezione sindacale e politica della
società. Padre Hurtado nacque a Vina del Mar (Cile) il 22 gennaio 1901. Il suo
babbo morì quando lui aveva quattro anni. Insieme con sua madre e con il suo
fratello minore visse gli anni successivi in una difficile situazione
economica. La sua vocazione e il suo amore verso Dio si delinearono subito a
favore dei poveri. Fin dalla sua giovinezza svolse un’intensa attività
apostolica in uno dei quartieri più poveri di Santiago. La sofferenza dei
poveri contrassegnò la sua vita e la sua spiritualità. Al termine della sua
istruzione secondaria aveva già deciso di farsi sacerdote, ma la situazione
della sua famiglia glielo impedì. Ottenne il diploma di avvocato nel 1923, ma
la sua vita spirituale e la sua attività sociale non si erano affievolite. Il
14 agosto del 1923, quando ormai i problemi familiari erano stati risolti,
entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù. A Lovanio raggiunse la sua
maturità spirituale. Possedeva una irradiazione apostolica ed una attitudine a
servire gli altri, fuori del comune. Ritornò in Cile nel 1936. Cominciò subito
ad emergere come un apostolo della gioventù, nei giovani cercava di suscitare
un contatto personale con Dio. Insisteva sulla necessità di cercare sempre la
volontà di Dio, chiedendosi cosa avrebbe fatto oggi Cristo se stesse al suo
posto. Una volta scoperta la Sua volotà si potrebbe affrontare la vita con
gioia. Nel suo libro: “Eleccion de Carrera” dice ai giovani: “Cristo fissa il
suo sguardo su ognuno di noi per farci conoscere la sua precisa volontà. Mentre
ci sentiamo smarriti in mezzo a una folla di fedeli anonimi (...) non abbiamo
compreso la paternità divina, nè il nostro documento di figli di Dio”.
Nell’altro suo libro: “Puntos de Educacion” afferma che un giovane cristiano
deve prendere in considerazione i problemi religiosi e morali: “non solo per
ampliare il campo delle sue conoscenze, ma anche per il dovere di carità, che
gli impone di illuminare le coscienze dei suoi fratelli e di eliminare le
difficoltà che impediscono di giungere alla fede”. Con i giovani si comportò
come si esigeva da un buon educatore: “deve avere un cuore caldo e aperto per
sentire tutte le afflizioni e le necessità dei giovani, anche i loro dolori
materiali. Il maestro insegna non con quello che dice, ma con quello che fa;
non con quello che sa ma con quello che è”. Il suo lavoro assunse nuove
dimensioni quando gli venne conferito l’incarico di Assessore Naziole della
Gioventù di Azione Cattolica. Nel periodo in cui esercitò questo incarico, il
Movimento raggiunse il massimo sviluppo di tutta la sua storia in Cile. I
compiti istituzionali anche ad alto livello furono tanti. Ma una delle sue
principali preoccupazioni era che i cattolici vivessero integralmente la loro
fede. Nel 1941 pubblicò il libro: “Il Cile è un paese cattolico?”, dove
denunciava lo scandalo della miseria morale e materiale cilena come una
contraddizione della fede cristiana, che la maggior parte degli abitanti
professava senza conoscerla affatto.
Profondo fu l’impatto che il libro suscitò. Apostolo delle vocazioni
sacerdotali così si esprime nel libro: “Punti di educazione”: “Il sacerdote
passa gran parte della sua giornata confortando, dissipando i pessimismi
infecondi e seminando gioia nelle anime, spesso a prezzo della propria, e
rinunciando a tutto per poter servire nel modo più generoso. La sua vita è un
prolungamento di quella di Cristo. Le sue aspirazioni fondamentali sono stare
ogni giorno più vicino a Dio, essere sempre più somigliante a Gesù, per
dedicarsi più interamente ed efficacemente al bene dei fratelli”. Padre Hurtado
è stato un apostolo sociale. Nel libro "Umanesimo Sociale" ha scritto:
“Un cristiano veramente
consapevole della sua fede non può fare a meno di chiedersi quale è la
situazione dei suoi fratelli, di guardare con profonda simpatia coloro che
soffrono, per impegnarsi a cercare un rimedio con tutta l'anima. Il vero
cristiano dà e fa finché può".
Il suo cuore di Apostolo lo indusse a fondare, verso la fine del
1944, un focolare per ospitare i fanciulli e i ragazzi, che non avevano dove
vivere, affinchè Cristo, che sta con i poveri, potesse trovare un rifugio. Lo
chiamò "Hogar de Cristo". Lui stesso, nelle notti fredde, usciva e
andava per le strade a invitare i fanciulli e i ragazzi. Affidò a dei laici la
direzione dell'opera, riservandosi l'ufficio di Cappellano. Oggi è una delle
più importanti e benefiche istituzioni dell’America Latina. Questo però non lo
lasciò soddisfatto. Tutta la società è malata, quando riduce tanta gente ad uno
stato di necessità. Il Beato Alberto Hurtado si propose di fare qualcosa per
cambiare le strutture sociali, ispirandosi all'insegnamento della Chiesa. In
tutto il magistero sociale, che raccolse nel suo libro "L'Ordine Sociale
Cristiano nei documenti della Gerarchia"
(1947), riscontrò "un'identica invocazione di giustizia sociale,
una identica parola stimolante ed urgente rivolta ai fedeli, per tradurre
questi insegnamenti in opere che rivelino la nostra profonda comprensione della
fraternità cristiana". Queste considerazioni lo spinsero a fondare, nel
1947, la Associazione Sindacale Cilena (ASICH). La sua intenzione è garantire una formazione cristiana ai dirigenti
dei lavoratori, affinché, mediante i sindacati potessero aiutare la classe
operaia a diventare la protagonista del cambiamento sociale. Nel libro
"Sindacalismo" sostiene che le lotte per i diritti dei lavoratori
"non esauriscono la missione del sindacato; i suoi dirigenti non possono
limitarsi a conquiste immediate. Con lo sguardo puntato verso un mondo nuovo, i
dirigenti devono impegnansi a sostituire le attuali strutture capitaliste,
promosse da un'economia liberale, con strutture orientate verso il bene comune
e basate su un'economia umana". Il sindacato ha una finalità profondamente
cristiana quando cerca di realizzare questo ordine nuovo. Ovviamente, vi sono
anche coloro che screditano la classe operaia. "Per essi il sindacato è
sinonimo di rivoluzione". Vedono il comunismo in ogni Associazione operaia
"anche se è organizzata dal parroco. Con queste affermazioni
semplicistiche seminano il disordine. In fondo, sono essi i più responsabili
degli attuali errori del sindacalismo, sono essi, infatti, che hanno
allontanato dal sindacalismo gli elementi più sani che erano riusciti ad
orientarlo". "Ci sarà giustizia sociale, quando sarà il bene comune e
non l’interesse personale a regolare la distribuzione dei beni”. Tacere di
fronte all’ingiustizia sociale che c’è attualmente "non è una virtù ma una
vigliaccheria. La rassegnazione di fronte a un dolore che si può e si deve
evitare è un grave tradimento del piano di Dio, della digità dell’uomo della
famiglia e della società". Non
tutti compresero ed approvarono l'impegno sociale del Padre Hurtado. Molti lo
criticarono, ma la Santa Sede appoggiò i suoi progetti di lavoro e i superiori
gli diedero pieno consenso e sostegno. Nel 1951 fondò “Mesaje”, una rivista di
orientamento religioso, sociale e filosofico. La rivista continua ancora oggi
ad accrescere il suo prestigio. Morì il 18 agosto 1952 in seguito a un cancro
al pancreas. La sua agonia venne seguita da tutto il paese. Quando gli
comunicarono il carattere della sua infermità, si rallegrò perché ormai era vicino
il suo incontro con il Padre, e ringraziò Dio che gli dava il tempo per
prepararsi. Disse: “la morte è il momento di andare da Dio, il Dio che si è
cercato durante tutta la vita.” E’ l’incontro del figlio con il Padre: Allora
incontreremo nostra Madre, la Vergine Maria, i santi e tutti coloro che ci
hanno preceduto. Durante la vita terrena li conosciamo per sentito dire,
tramite informazioni approssimative e imperfette, senza poter penetrare
nell’intimo del loro cuore. Nella gloria ci vedremo senza ombre e senza
incomprensioni”. Così affrontò la sua morte. (Articolo di Jaime Castellon,
traduzione di Francesco Faruti, “Gesuiti” Pubblicazione della Curia Generalizia
della Compagnia di Gesù 1/gennaio/1995)
E’ naturale per un prete trovarsi a fare il “sindacalista”, ed è normale
per un sindacalista trovarsi a fare il “prete”. Ma per i sindacalisti e i preti
che non maturano ciò che per loro è naturale (é UNO SCHIFO TROVARSI A VOLTE CON
DEI MERCENARI)è tutta un’altra storia di ipocrisia e di miseria umana. SINDACALISMO
E SACERDOZIO DEVONO SEMPRE CONIUGARSI CON VOCAZIONE, GRATUITà VOLONTARIATO.
Tutti
dobbiamo avere una vocazione sociale.
Dagli
uomini politici a quelli religiosi, alle istituzioni ai privati e alle
proprietà private, ecc… tutto deve avere una vocazione e una finalità sociale.
“Su
chi dice questo é mio si abbatte la spada di Dio” (il complesso: “i Pooh”
La società é un corpo, non può un membro svilupparsi troppo e
l’altro rimanere atrofizzato.
A buon intenditore poche parole.
Solidarietà é la voce nascosta di civiltà, come un’onda che dai
più vicini, poi raggiunge i più lontani.
Il cancro più pericoloso è la solitudine. Quella particolare
solitudine interiore che è un miscuglio di diffidenza, sospetto, paura e
aggressività. L’angoscia dell’uomo contemporaneo, la sua impotenza e incapacità
a comunicare è data dal non potersi fidare del prossimo, l’amicizia si è
squalificata a livello di conoscenza.
Questo avviene perché anche il nostro stesso essere ci è nascosto,
non riusciamo a comunicare con la nostra anima e a collaborare con essa in un
atteggiamento di mutuo soccorso. Non riusciamo più a capire le esigenze del
nostro spirito e ci inoltriamo in sentieri pericolosi. Si può giungere all’apice
della carriera, trovarsi in una affermata situazione economica e sociale, ma si
può perdere se stessi, vivendo così a denti stretti quella paura che porta alla
violenza verso se stessi e verso gli altri.
Diagnosi profonda e non esplicita (visto che non manca la pratica
religiosa): “l’uomo ha perso Dio”, è divenuto incapace di percepire la Sua
presenza e di entrare in rapporto con Lui. Oggi 17-6-95, ho tra le mani la
prima pagina della gazzetta del Mezzogiorno, un articolo riporta la allarmante denuncia
dell’Arcivescovo Casale:
“Il diavolo minaccia i giovani di Foggia, un terzo di essi
partecipa a sedute spiritiche”.
La nostra società diventa sempre più violenta sempre più
disumana... è iniziata la grande paura, la vera solitudine esistenziale.
Virtù dinamica e generativa.
Forza vitale che alimenta la fortezza, la tenacia, la costanza.
Certezza del conseguimento di un premio.
Il bene viene intravisto nella speranza e viene concretizzato
dalla speranza.
Un bene a divezzo di esigenza che si concretizza storicamente come
Lui vuole e non come noi abbiamo sognato.
Parola brutta come la morte e fomentatrice di guerre. Tutto il
contrario di civiltà.
Per B. Spinoza, Dio è una sostanza assoluta e infinita, con una
possibilità di infiniti attributi: Dio e la natura si identificano.
Spirito, anima e corpo. Questa è la concezione paolina dell’unità
costitutiva di ogni uomo.
Spirito è la potenzialità
di credere, sperare-disperare, amare-odiare.
Anima è costituita dalle facoltà intellettive di intelligenza
volontà e memoria.
Corpo da tutti i suoi organi e funzioni fisiche.
“Il
bambino cresceva e si fortificava nello spirito” (Lc. 1,80)
Il
nostro spirito è in grado di crescere, purtroppo molto spesso il nostro spirito
non è abbastanza forte da controllare il corpo e l’anima, o la nostra forza
spirituale non è adeguata per affrontare una battaglia spirituale.
Mentre
il nostro spirito si fortifica, aumenta la nostra intuizione e il nostro
discernimento.
Tre
elementi ostacolano la discesa dello Spirito Santo nel nostro spirito:
1-
Ostinazione della volontà;
2-
Confusione dei pensieri;
3-
Indisciplina delle nostre emozioni.
Lo
spirito purtroppo può essere spezzato o ferito. Ma il nostro spirito ha bisogno
di essere addestrato ed esercitato nella sua azione di combattimento e nella
sua azione di collaborazione con lo Spirito Santo.
“State
fermi in uno stesso spirito” (Filippesi 1,27)
E’
indispensabile la comunione dei cristiani, per poter essere in comunione con lo
Spirito Santo. L’uomo spirituale non è soltanto uno con Cristo, ma è anche uno
con i cristiani. Bisogna considerare secondari i sentimenti e i pensieri per
poter essere uno con Cristo e i fratelli.
1Cor.
15,45-49
Fratelli,
il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne
spirito datore di vita.
Non
vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il
primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.
Quale
è l'uomo fatto di terra, cos'ì sono quelli di terra;ma quale il celeste, così
anche i celesti.
E
come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine
dell'uomo celeste.
Liberazione
dal peccato
Sapendo
che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, il corpo del peccato è
annullato e noi non serviamo più al peccato. (Rm6,6)
Come
la croce di Cristo è un fatto compiuto, cos'ì la nostra crocifissione insieme
con lui è ugualmente un fatto compiuto.
Sulla
croce il Signore Gesù non soltanto ha portato su di se tutti i peccati della
nostra vita, ma ha anche ucciso con il suo il nostro corpo.
"Il
nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui"
La
pretesa di essere giusto d'avanti a Dio è l'ultimo idolo da abbattere,
diabolico orgoglio, come gli autori della nostra salvezza.
L'uomo
naturale si illude di poter salvarsi
Non
ci sottomettiamo alla giustizia di Dio , ma alla nostra. Questo che è il male
peggiore purtroppo è anche il più diffuso.
Abramo
credette a Dio e questo gli fu accreditato come giustizia.
Ger. 33:16
Sermone di Whitfield
1-
Eterno nostra giustizia. Ger. 23: 5-6
Gesù
viene chiamato eterno siamo dunque certi che Egli è Dio benedetto in eterno
2-
In che modo Gesù è la giustizia dei credenti?
La
vita della creatura dipendeva e dipende dall'obbedienza. Adamo ed Eva dovevano
sottostare al patto, anche dopo la caduta, Così Gesù si rese perfetto
nell'obbedienza al Padre in nostro favore.
Nella
giustizia menzioniamo la forma passiva cioè la sua morte e la forma attiva cioè
con la sua vita, con tutta la sua vita
Rom
5 I credenti sono diventati in Cristo Giustizia di Dio
3-
Il cuore orgoglioso e depravato ribadisce questa dottrina della grazia, cioè la dottrina dell'imputazione
della giustizia di Cristo. Chi obietta sono in genere dei falsi moralisti, con
i loro scandali smentiscono la loro azione. Certo anche la giustificazione per
fede può essere abusata! Questa dottrina non può condurre alla licenziosità,
perchè a questa ipocrisia era già giunti i farisei, che benchè si basassero
sulle opere e sulla legge erano in contrasto con il volere di Dio.
Is 11,1-5: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse. Su di lui
si poserà (stabilmente) lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di
intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di
timore del Signore». Le quattro denominazioni dello spirito indicano i quattro
venti, i quattro punti cardinali per indicare la pienezza dei doni carismatici.
Lo Spirito non è descritto in sé, ma dagli effetti che produce: - sapienza e discernimento: facoltà
di trattare con competenza i problemi quotidiani e intelligenza della situazione, per prendere la giusta decisione,
affinchè si abbia una retta amministrazione di se e per la debita cura e
benessere del popolo. - consiglio e
fortezza: capacità di elaborare progetti, vigore per porli in
esecuzione, comprese le doti belliche se indispensabili, ma con applicazione
pacifica non appena se ne presentano le opportunità.
- conoscenza e timore di Dio: riconoscimento del dominio supremo di Dio, obbedienza amorosa,
rispetto, riverenza, amore verso Dio.
-INTELLETTO: Comprendere sino in fondo le ricchezze della fede.
-SCIENZA: Saper riconoscere nelle creature una traccia di Dio e
una via che conduce a lui.
-SAPIENZA: Cercare Dio all’interno di tutte le cose, oltre che al
di sopra di tutte le cose.
-CONSIGLIO: Identificare con certezza la volontà di Dio, saper
decidere secondo ciò che a lui piace.
-PIETÀ: Trattare Dio con la confidenza di un figlio verso il
padre.
-FORTEZZA: Incoraggiamento a superare costantemente le difficoltà
e le prove.
-TIMORE DI DIO: Evitare tutto ciò che può dispiacere a Dio,
cercare di compiacerlo.
L'essere in sé di Dio - ci ammoniva già Bonaventura - a cui l'uomo
si spinge attraverso l'autocomunicazione economica, è come il roveto ardente di
Mosè: bisogna accostarvisi con riverenza e senza orgoglio, nell'umiltà di chi
si dispone a ricevere un dono. La conoscenza di Dio -ci insegnano i mistici che
ne hanno fatto l'esperienza- s'ottiene con lo stupore più che col furore, più
con l'abbandono della contemplazione che con la geometria della speculazione.
Non che l'uomo non debba tentare un discorso su Dio, anzi oggi più che mai è
urgente. Dio null'altro è che la
salvezza dell'uomo. Tuttavia "quando avremo parlato, dovremo di nuovo
tacere adorando, bere sorso dietro sorso il calice di una quotidianità “senza
Dio”, aspettare la morte, essere grati per le gioie della vita, accettarla cioè
come un destino di amore, sopportare la theologia
viatoris et crucis, finché non brillerà la luce eterna. Ora vaghiamo ancora
nell'incertezza, non abbiamo rifugio sicuro nemmeno nel pensiero, siamo
viandanti anche nella teologia. Ma è giusto che sia così"(K. Rahner, Dottrina su Dio nella dogmatica cattolica,
cit., 214). Ma di tale teoria Anselmo si libera immediatamente.
Infatti,"forse si potrebbe parlare così se il diavolo o l'uomo fossero
indipendenti o sudditi di qualche altro e non di Dio. Siccome invece sia il
diavolo che l'uomo sono di Dio e non possono esistere che in dipendenza di lui,
che cosa avrebbe dovuto fare Dio con un essere che gli apparteneva, nei
riguardi di esso e in esso? (...)
L'uomo infatti aveva meritato una punizione, e nessuno poteva punirlo più
convenientemente di colui a cui aveva dato il suo consenso per peccare. Il
diavolo però non aveva alcun diritto di punirlo; anzi lo faceva tanto più
ingiustamente in quanto non vi era spinto dall'amore della giustizia ma
dall'istinto del male"(Anselmo d'Aosta, op. cit., I, 7 p.83s). Dunque "cur Deus homo?", si domanda il vescovo di Canterbury. Questi
si muove nel quadro medievale di un ordo
universi che l'uomo, peccando, ha stravolto, offendendo al contempo l'onore
di Dio. Non però l'onore divino considerato in se stesso, che non è soggetto né
ad aumento né a diminuzione, ma il suo riflesso nell'ordo universi: "Quando ogni creatura rispetta il suo ordine
-quello stabilito dalla natura o dalla ragione- si dice che essa obbedisce a
Dio e lo onora; e lo si dice soprattutto della natura ragionevole, alla quale è
dato di capire quello di cui è in debito. E quando vuole ciò che deve, onora
Dio; non perché gli dia qualcosa, ma perché spontaneamente si sottomette al suo
volere e al suo comando e conserva, per quanto dipende da lei, il posto
assegnatole nella universalità delle cose e nella bellezza dello stesso
universo. Quando invece non vuole ciò che deve, per quanto può, disonora Dio,
perché non si sottomette spontaneamente al suo comando e disturba per quanto
può l'ordine e la bellezza dell'universo, sebbene in nessun modo danneggi e
deturpi il potere e la dignità di Dio"(Anselmo d'Aosta, op. cit., I, 15 p.114s). Occorre dunque ripristinare l'ordine turbato,
occorre prestare una soddisfazione all'onore di Dio offeso dal peccato.
In caso di mancata soddisfazione, Dio dovrebbe infliggere una
pena, senza poterla peraltro condonare, ché ciò sarebbe contrario alla sua
giustizia. [La sezione che segue è di esclusivo interesse dei cristiani, chi
non è cristiano a questo punto, può ritenere che Dio nel suo grande amore
accetti come soddisfazione tutte le sofferenze e le mortificazioni che il suo
ardente fedele incontra nel mondo per testimoniare il bene e per essere
coerente con esso.]
Ma essendo infinito l'onore di Dio, essendo dunque infinita anche
l'offesa recata a Dio e infinita la corrispondente soddisfazione richiesta,
come riuscirà a prestarla l'uomo, che è finito? L'uomo deve soddisfare, ma solo Dio lo può.
Si postula perciò qualcuno che sia al contempo perfetto Dio e perfetto uomo (Cf. Anselmo d'Aosta, op. cit., II, 7 p.174). Se così si
intende la necessità dell'incarnazione, non si motiva ancora -però- la morte in
croce. Il dottore medievale spiega che una vita condotta in obbedienza non
sarebbe stata sufficiente, perché a ciò è tenuta ogni creatura, appunto in
quanto creatura. Occorreva un quid pluris
, una prestazione supererogatoria a cui Gesù non era obbligato, e che potesse
ascriversi a nostro merito, per compensare col suo peso positivo - dall'altro
piatto della bilancia - il peso negativo del peccato dei progenitori. Tale
prestazione è la morte in croce. Gesù non vi era tenuto perché, essendo immune
dal peccato, era anche immune dalla morte. Sottoponendovisi liberamente, merita
dal Padre un contraccambio. E "a chi più convenientemente assegnerà [Dio]
il frutto e il premio della sua morte se non a coloro per la salute dei quali
[il Figlio] si è fatto uomo?" (Anselmo d'Aosta, op. cit., II, 19 p.227). L'architettura snella e serrata del
disegno anselmiano è in tal modo giunta a compimento. A sant'Anselmo va
ascritto anzitutto il merito di aver liquidato la inaccettabile teoria dello jus diaboli. È ammirevole la chiarezza
con cui illustra la concatenazione tra le verità di fede. Va sottolineato
inoltre come alla sufficienza redentiva del sacrificio del Dio-uomo egli
congiunga sempre l'impegno del credente.
Loro natura:
Senza componente corporea o materiale. Immortali, ma non per virtù
propria.
Perfetti nella conoscenza e nella volontà, hanno da sempre
espresso ed esplicitato la loro volontà che é immutabile.
Per questo sono buoni o cattivi, obbedienti o ribelli a Dio.
Tutti sottomessi alla permissione di Dio, tutti creature.
A nessun angelo é stata offerta la natura divina, come invece é
stata offerta agli uomini.
Si tratta di un processo di socializzazione a vantaggio di tutto
l'uomo e di tutti gli uomini, attraverso un'equa divisione delle risorse, la
partecipazione di tutti all'elaborazione delle decisioni che concernono la
collettività a tutti i livelli, la libertà perché senza di essa l'uomo soffoca
come in prigione. La socializzazione senza la libertà è solo collettivismo.
Inversamente la libertà senza la socializzazione è solo individualismo o
anarchia. Solo la democrazia risponde ai bisogni e alle possibilità
dell'umanità (Mt. 22, 37-40). Insistere solo sull'amore del prossimo come si fa
troppo spesso, per incomprensione, per paura di professare la propria fede o di
sconcertare l'uditore, è troncare in radice l'originalità dell'amore evangelico.
E' renderlo unidimensionale, mentre è per essenza bidimensionale. La sua
potenza di orizzontalità è tale solo perché è innanzitutto potenza di
verticalità.
Dal '700 in poi lo Stato è tutto. Ciò che realizza la persona è lo
stato. Quando lo Stato pretende di essere l'unica speranza al posto di Dio,
l'individuo è alla mercé del potere; prigioniero della sua circonferenza. L'io
è in rapporto con una X misteriosa, orizzonte infinito. E qui si origina la sua
libertà. «Ogni educazione tende a che
l'individuo non rimanga qualcosa di soggettivo, ma diventi soggettivo a se stesso nello Stato: tutto ciò che
l'uomo è, egli lo deve allo Stato. Solo in esso egli ha la sua essenza». (Hegel,
Lezioni sulla filosofia della storia)
Quasi due secoli dopo... «La
qualità delle risorse umani disponibili è stata riconosciuta come fattore
strategico per lo sviluppo e il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali di ciascun
paese>>. (Berlinguer, Progetto per il riordino dei cicli scolastici)
Dopo due giorni di questi tormenti il treno si fermò. Le pone
piombate furono aperte, entrò l'aria come in balsamo ristoratore. I deportati
scesero dal vagone e le gambe rattrappite poterono sgranchirsi con qualche
passo sul marciapiede. Solo liberarsi dal tanfo fu un sollievo. Edith, siamo
salve! - gridò Rosa con il volto trasfigurato dalla Speranza. Tutti i deportati
rimasti vivi scesero dal treno, ma ben pochi si salvarono dalla morte che li
attendeva. Tra questi ci furono tre testimoni i quali, pure non ricordando suor Benedetta di persona,
concordano nei particolari dell'arrivo ad Auschwitz-Birkenau. I tre testimoni
sono: Joseph van Rijk, Jesaja Veffer e Maurice Schellekes. Il loro racconto è
quasi identico, sicché lo riferiamo come se parlasse uno solo dei tre: «Appena
scesi dal treno udimmo il ringhio dei cani al guinzaglio; erano tenuti da
soldati delle SS. Un ufficiale e un medico ci ordinarono di metterci in fila
così ci smistarono. Gli uomini sani e robusti (io ero tra questi) furono tolti
dalla fila e raggruppati. Eravamo centosessantacinque. Per prima cosa ci fecero
togliere dai vagoni la paglia con gli escrementi. Non c'era soltanto paglia,
c'erano anche cadaveri. Ci ordinarono di portarli via e di ammassarli su certi
carri che attendevano lì alla stazione. «Furono smistate anche le donne: quelle
giovani e valide furono raggruppate non lontano da noi; invece i bambini e le
donne anziane, coloro che non erano più in grado di lavorare, furono fatti
salire sugli autocarri. “C'era un piccolo gruppo di suore sul marciapiede [tra
esse è indubbio che ci fossero le sorelle Stein]e le ho viste risalire
sull'autocarro. “Soltanto al campo, quando vi giunsi, mi dissero che i
prigionieri che venivano fatti risalire sugli autocarri erano quelli destinati alle camere a gas. “Io fui tra gli adibiti allo sgombero dei
cadaveri delle camere a gas; dovevamo lavarli con un getto d'acqua a pompa,
tosare i loro capelli, gettarli nella fossa comune e ricoprirli di terra e
calce viva: questo avvenne fino a che non furono allestiti i forni crematori.
Allora dovemmo trasportare là i cadaveri con le carriole”. Essi raccontano, e
il processo di Norimberga lo conferma, come avvennero i fatti e con quale psicologia
criminale, con quali discorsi bene architettati le SS persuasero i prigionieri
all'obbedienza. Essi erano appena scesi dal treno, inebetiti dalla stanchezza,
sonno, fame, sete e spavento; erano allineati in fila, guardati dai cani
mastini ringhianti e da ufficiali delle SS; nessuna possibilità non solo di
reagire, ma nemmeno di emettere una sillaba. Un ufficiale dall'aria
accattivante li rassicurò con queste parole: - Vi annuncio che siete arrivati a
destinazione. Questo è un campo di lavoro dove uomini e donne in buone
condizioni di salute eseguiranno i lavori ai quali sono abituati. Edith e Rosa
si guardarono con una luce di speranza negli occhi: il lavoro non le
spaventava. L'ufficiale continuò: - I vecchi, le persone deboli, le donne
incinte e i bambini saranno trasportati in un campo vicino dove potranno
eseguire lavori più leggeri e riposarsi. Con quale malvagia lusinga l'ufficiale
rinsaldava la speranza dei più disgraziati! Potrete riposarvi! E con quale
perfidia evitò lo strazio degli addii quando disse: - I membri della famiglia
che, in base alle loro capacità saranno separati per ragioni di lavoro,
potranno ritrovarsi e riunirsi la sera. (Quella stessa sera, invece, ai padri o
ai fratelli che cercavano la famiglia fu seccamente risposto: «Non c'è
nessuno!»).
- Gli uomini e le donne addetti a lavori più pesanti si recheranno
a piedi nelle baracche dove sono sistemate le docce. Coloro che non se la
sentono di fare a piedi dieci chilometri (c'erano invece soltanto cinquecento
metri da percorrere) saranno trasportati con gli autocarri all'edificio delle
docce [non disse: «baracche», disse: «edificio»]. I tre deportati che abbiamo
nominato; Josep, Jesaja e Maurice testimoniarono infatti che essi andarono a
piedi e che non c'erano più di cinquecento metri di distanza; e videro il
gruppo di donne e di suore salire sugli autocarri. Più tardi uno dei nostri tre
testimoni chiese ad un ufficiale delle SS il perché di questo inganno e gli fu
risposto: - Un prigioniero che appena sceso dal treno non è in grado di fare
dieci chilometri a piedi, è uno che non ci serve. Edith e Rosa non coprirono a
piedi quella distanza, ma furono viste salire sugli autocarri; forse vollero
rimanere con le donne più deboli e con i bambini nell'intento di aiutarli;
forse non fu offerta loro nessuna possibilità di scelta anche se erano sane e
capaci di lavorare; forse fu lo stesso abito religioso a far decidere le SS per
la loro eliminazione. Fatto sta che le due sorelle Stein salirono su quegli
autocarri nella convinzione che fosse l'ultimo tratto di viaggio. Non si
sbagliavano: il loro viaggio era alla fine. Furono unite ad un gruppo di donne
e di bambini e sospinte brutalmente verso il famoso edificio, cosiddetto delle
«docce e delle disinfezioni». Le mamme si tenevano stretti i bambini, ma
all'improvviso piombarono su di loro dei soldati delle SS e glieli strapparono.
Esse reagirono, protestarono, si tennero stretti i figli ma furono sopraffatte
dalle bastonate. Disperatamente gridarono chiamando aiuto, ma nessuno poteva
udire le loro grida, perché il secondo scaglione di vittime attendeva dietro un
gruppo di edifici e non era in grado di sentire nulla. Staccate dai loro
bambini, le donne vennero sospinte a calci e a pugni dentro l'edificio. E qui
iniziò il «rito» della morte. Un «direttore» dei bagni le stava attendendo con
il sorriso rassicurante:
-Siete qui per una semplice doccia ed una disinfezione quanto mai
essenziale in un campo come questo. Spogliatevi di ogni indumento, deponete su
questo tavolo orologi, denaro, valori. I vestiti vanno appesi ai ganci, leggete
con attenzione i cartelli.
Le condannate lessero l'avvertimento ripetuto in sei lingue, un
avvertimento quanto mai cortese e civile che diceva così: «Se volete riavere i vostri
effetti personali per favore [quanto sottile era la crudeltà degli aguzzini!]
ricordate il numero del vostro gancio». Anche Edith e Rosa obbedirono: si
spogliarono delle vesti religiose e fissarono con attenzione il numero del loro
gancio, per memorizzarlo. Andarono, umiliate nella loro nudità, al tavolo del
«direttore dei bagni» e ricevettero un asciugamano e un sapone. Poi entrarono,
seguendo l'indicazione di una freccia dipinta sulla parete, in una stanza
strana, lunga e stretta, dov'erano sistemate le docce. I tubi scorrevano sotto
il soffitto. Ogni reclusa si sistemò sotto il presumibile getto di una doccia.
Quando furono entrate tutte (il numero era controllato in partenza) le porte
metalliche si chiusero con un tonfo sordo:
- Edith, ci chiudono dentro, perché? - Non lo so!
Così dicendo, Edith sentì l'animo lacerarsi di pena; avverti che
il momento supremo della croce era arrivato, che là dentro erano rimaste
solamente le donne, che il «direttore» era sparito. Pregò Dio che l'aiutasse
con le stesse parole di Cristo: «Allontana da me questo calice amaro, ma sia
fatta la tua volontà!». Dopo qualche minuto di angosciante attesa le donne
udirono all'esterno un comando secco. I soldati addetti al massacro sollevarono
delle leve fissate a terra in botole di cemento. All'interno della stanza delle
docce, invece dell'acqua, cominciò ad entrare il gas. Edith s'accorse subito
dell'inganno ed abbracciò Rosa ancora incredula. Non c'era scampo. Chi più
disperatamente lottava contro la morte accelerava la sua fine. Suor Benedetta
pregò: «In perfetta sottomissione alla tua santissima volontà, accetto questa
croce». L'agonia durò circa venti minuti, tempo massimo concesso per morire,
poi il getto di gas cessò. Un altro comando secco e le porte blindate si
aprirono. I soldati, con il volto coperto di maschere antigas, entrarono muniti
di pompe elettriche e pomparono l'aria velenosa. Poi i Sonderkommandos (i
prigionieri incaricati di estrarre le vittime) con ganci e lacci speciali che
si possono ancor oggi vedere ad Auschwitz, staccarono i cadaveri abbracciati
nell'ultimo addio della morte. Una volta staccati, cercarono nelle bocche dei
cadaveri le capsule e i denti d'oro e li strapparono; ispezionarono
accuratamente e raccolsero anelli e catenine non tolti. I prigionieri addetti,
muniti di rasoi, tosarono i capelli delle donne, misero i loro corpi sui
montacarichi, li portarono alla fossa comune e ve li gettarono dentro, poi
ricoprirono la fossa con calce viva e terra (nel 1942 i forni crematori non
erano ancora installati) . Edith e Rosa sparirono, corpi nudi ed anonimi, in
questa macabra fossa. Avevano portato fino in fondo, con consapevolezza, la
croce accettata per amore di Cristo. (Edith Stein “Dalla Cattedra al Lager” a
cura della: Missione Cattolica Italiana di Gummersbach bibliografia: Marina
Vittoria Borghese -Edith Stein- Ed. Messaggero Padova // Silvana Egidi, in
MADRE DI DIO - 1987) In realtà alla filosofia della morte si contrappone solo
la metafisica, la fondazione di un umanesimo eroico e spirituale fondato sui
valori assoluti, universali e trascendenti. Finché questo non sarà, su tutto il
pianeta saremo sempre in pericolo.
Le strade siano curate e sicure.
Ho visto sfondare la strada tante volte per quante infrastrutture
vi sono state interrare.
Che enorme spesa per la collettività e che disagio per i cittadini!
Non bisogna mettere i cittadini in condizione di stress:
Il lavoro lontano da casa,
la burocrazia asfissiante,
il problema della criminalità e della sicurezza.
la giustizia sociale.
Lo stress priva i cittadini di risorse psichiche e spirituali.
E’ difficile che io vada sottostress, anche se lavoro
continuamente eccetto le ore del sonno a motivo della mia spiritualità.
“La nostra bambina è stata violentata a scuola. Durante la
ricreazione due ragazzini di otto anni la hanno trascinata in bagno tappandole
la bocca, le hanno tolto le mutandine e la hanno ferita con le mani e con un
bastone”.
I bambini (carnefici o vittime) non devono sentirsi abbandonati a
se stessi: ci vuole più impegno che in passato per guidarli (Luciano Nigro, la
Repubblica, 2 marzo 1998, p.15). Grazie televisione, grazie società.
La vostra civiltà é una vergogna! Fate spazio ad una società
metafisica e umanistica!
Quando la televisione non era in tutte le case, ed i nostri nonni
si recavano al cinema, la Coca Cola usava il linguaggio subliminale. Questo
consisteva nell'introdurre nella pellicola del film, ogni tanto, una immagine
della bottiglia della Coca Cola.
Una sola immagine senza sequenze non è percepibile dalla parte
conscia del cervello, ma solo da quella inconscia, da qui il termine sub -
liminale, ovvero sotto la soglia della coscienza. Risultato? All'intervallo del
primo tempo vi era un evidente aumento di consumo di Coca Cola. Questi
criminali del subconscio -a cui nessuno ha il diritto di accedere- da allora ne
hanno fatti di progressi.
Basta vedere i bambini che sembrano diventati dei cartoni animati,
i giovani e gli adulti in uno stato di stordimento e di ottusità riguardo ai valori
spirituali ed agli ideali eroici.
Le multinazionali hanno l'interesse economico ad abbassare il
livello culturale-spirituale, ovvero le capacità critiche della società
mondiale. Uomini privati della volontà, credono di poter volere quello che pensano,
quello che fanno e quello che comprano, "consumati, consumano". I
film di terrore hanno messaggi che al 80% vanno sotto la soglia della
coscienza, per il potere ipnotico che l'immagine possiede. L'immane infatti non è mai la rappresentazione della cosa, ma la cosa
rappresentata. Il potere del regista, o di chi sta dietro una macchina da
ripresa è immenso. Quanti sono consapevoli che nell'uomo vi sono tre coscienze,
tre identità, tre sensibilità indipendenti? Il "bambino" bellissimo
dei sentimenti, che noi eravamo a 4 anni - quel bambino non è cresciuto
diventando me, ma è semplicemente nascosto dentro di me.
La componente razionale. Il "genitore", ovvero
atteggiamenti istintivi, ovvero la
registrazione di reazioni e comportamenti di adulti da noi amati, in situazioni
dubbie, equivoche o di pericolo. A questa
componente razionale si aggiunge l'irrazionale del sub-conscio e
dell'in-conscio. Quando vedo un film di terrore quel bambino bellissimo di 4
anni, deputato alla compassione, all'amore si terrorizza fino a rinchiudersi in
se stesso ed a rifiutare il mondo esterno proprio come avviene con i bambini
fortemente traumatizzati. Avete mai visto una trasmissione televisiva portata
avanti con criteri scientifici sui messaggi subliminali? Bene non la vedrete
mai! E se a questa trasmissione "scandalo", non segue una presa di
posizione di tutti gli organi di informazione non servirà a nulla. Altre
immagini, una scorpacciata di immagini si susseguono nella mente impedendo di
operare una sintesi concettuale ed esperienziale.
Ecco l'uomo istintivo e superficiale, l'uomo materialista e
qualunquista.
Se l'immagine come il chicco di grano non ha il tempo di maturare
e di scendere a livelli di profondità, questa immagine risulta sempre devastante.
E' indispensabile il digiuno televisivo. Democraticamente il
lunedì la famiglia deve mettersi intorno al tavolo e deve segnare i programmi
che andranno visti durante la settimana, scrivendoli magari su una lavagnetta,
dove onestamente andranno segnate anche le infrazioni commesse.
Bisogna attenersi
rigorosissimamente ai programmi liberamente concordati. La TV è uno strumento
troppo potente ed influente sulla nostra psiche perché possiamo considerarlo un
elettrodomestico. La Tv ha il potere di svuotarci l'anima, di privarci di
quello è tipicamente umano, della parte più nobile dell'interiorità. Inviti occulti alla droga, al suicidio, al satanismo, alla
lussuria sono il terreno minato di quando si spinge il pulsante del telecomando.
Dopo
una vita di sacrifici e di tasse si deve regalare allo Stato ancora?
Credo
proprio di no!
Paghino pure le successioni i ricchi, la cui ricchezza deve
presumersi ottenuta con quelle condizioni favorevoli che i poveri non hanno
potuto avere.
La comunità politica non deve sostituirsi alle persone e ai
gruppi, ma deve venire in loro aiuto solo quando questi sono in difficoltà, in
particolare per non abbandonare alla logica stritolante e selvaggia del più
forte i più deboli. Giustizia ed amore devono pervadere le relazioni umane,
economiche, sociali e statali. Da queste premesse è facile dedurre come devono
essere eliminati gli squilibri fra nord e sud nel mondo, infatti l'esigenza
della pace passa attraverso uno sviluppo integrale e attraverso i diritti umani
goduti realmente da tutti gli uomini. Si constata la crescente interdipendenza
tra i popoli e si afferma che "tutti siamo responsabili nei confronti di
tutti", senza discriminazioni. In quest’ottica l’ecologia e una questione
di sopravvivenza e di qualità della vita. Il rispetto della natura e anche
rispetto per l’uomo.
Stupida, cretina, ignorante.
Malefica perché sottomette al male chi in lei crede.
Ecco una dimostrazione del potere dello spirito:
Il gatto nero che ti attraversa la strada non ha alcun influsso
negativo sul piano oggettivo, ma se tu sei superstizioso, soggettivamente con
le facoltà del tuo spirito stai generando un maleficio.
Ecco una dimostrazione dello spirito dell’uomo.