SANITà

SANTO

SATANISMO (pericoloso)

SAPIENZA E STORIA

SCHIAVITÙ

SCIENTISMO ED IDENTITÀ

SCUOLA

Valenza dell’insegnamento religioso

AUTORITY

SCUOLA PRIVATA

SCUOLA

SCUOLA

DIDATTICA

SECESSIONE

SECOLARIZZAZIONE

SEMPLICE

SERVIZI SEGRETI

SESSO

SINCRETISMO

SINCRETISMO

SINDACATO

SOCIALISMO

SOLIDARIETÀ

SOLITUDINE

SPERANZA

SPEREQUAZIONE

SPINOZA

SPIRITO

UNO SPIRITO FORTE

L’UNITÀ DELLO SPIRITO

Romani cap.6

SPIRITO di DIO

I DONI DELLO SPIRITO SANTO SONO:

SPIRITUALITÀ

SPIRITI

SOCIALIZZAZIONE E LIBERTÀ

SOGNO

STATO

STEIN

IL MOMENTO DELLA CROCE

L'ufficiale continuò:

STRADE

STRESS

STUPRATA

SUBLIMINALE

SUCCESSIONI

SUSSIDIARIETÀ E SOLIDARIETÀ

SUPERSTIZIONE

 

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SANITà

Il concetto di sanità o benessere é soprattutto un concetto spirituale. Quando anche sarò sano come un pesce, la depressione, la fissazione, la noia, ecc… affliggeranno il mio animo e al fine mi ammalerò anche fisicamente attraverso le somatizzazioni. Non dimentichiamo che le nevrosi e le psicosi, prima ancora che una deficienza psichica, hanno una radice spirituale, appunto in un male spirituale. La scienza dell’uomo é ancora arretrata, il di più é ancora da scoprire. Non siamo presuntuosi con la scienza di oggi, ma guardando a quello che la scienza diceva ieri accettiamo quello che la scienza dice oggi con una certa diffidenza, non tanto su quello che viene affermato, quanto su quello che viene taciuto.

 

SANTO

“La nascita del santo, costituisce un motivo di bene per tutti ed è quindi motivo di vera esultanza. I santi nascono per l’utilità degli altri, essendo la giustizia una virtù sociale per l’utilità di tutti. Cristo tiene i santi sotto il sigillo della sua provvidenza, affinché non appariscano quando vogliono loro, ma stiano pronti per l’ora stabilita da Lui.

E al cenno del Suo comando escano dalla vita contemplativa per rispondere alle attese e alle aspettative degli uomini.” (dai Sermoni di S. Antonio, Il Giorno del Santo, Audiovideo, Messaggero di sant’Antonio, AVM 19931)

 

SAPIENZA E STORIA

Giuseppe Ruggeri, SAPIENZA E STORIA, ed. Jaca Book . La fede non deve essere ideologizzata, essa non può attendere la sua giustificazione dalla  sua capacità di interpretare l'esigenza politica dell'uomo, si corre il rischio di non intendere nemmeno più la libertà che Dio vuol dare all'uomo, la giustizia che Egli ci ha preparato e ci dona nella fede.

Dio non attende di essere giustificato dall'uomo, è l'uomo che deve essere giustificato da Lui. Del resto nemmeno la storia oggi attende di essere riconosciuta e giustificata. Gli intelligenti non dovranno cercare l'astuzia della storia, né i buoni dovranno rifugiarsi nell'apparente sufficienza di una contemplazione della sapienza di Dio.

 Il credente non è in primo luogo buono o intelligente, ma è colui che segue Dio, il quale rende "nuova" la nostra intelligenza e la nostra bontà. La nuova "teologia politica" non vuole essere nemmeno, come spesso rischia di divenire la teologia della rivoluzione, la copertura ideologico cristiana delle coperture rivoluzionarie dei movimenti più avanzati; essa si propone invece di sviluppare tutte le valenze del messaggio escatologico. La teologia politica è attenzione alla storia come luogo dell'annuncio della fede e dell'esperienza delle realtà della fede in relazione alle realtà umane.

Il confronto con le scienze è doveroso, come ripensamento critico della coscienza umana e dei suoi contenuti, e questo vale anche quando la fede si trova confrontata alla storia per manifestare ad essa la forza della sapienza di Dio.

Prefazione allo stesso testo di Giuseppe Colombo :"Molti credenti hanno bisogno di trovare la propria identità, vittime di una storia che ha emarginato la fede confinandola nella sfera della privatizzazione. Molti credenti esitano di fronte al fatto di accettare la fede come puro fatto di coscienza, oppure all'opposto fare della fede una identificazione pura e semplice col processo della storia. Il primo scantonamento porta alla mistificazione, il secondo porta alla vanificazione dell'annuncio di fede. Per uscire da queste ambiguità, bisogna ritornare alle origini, cioè alla Sapienza di Dio che ci ha concepiti, creati e ci ha mandati nel mondo. Solo così i credenti ritrovano la loro identità ed il senso autentico della loro missione sul, nel e per il mondo. In particolare, scoprono che la crisi d'identità nasce dall’oblio della propria origine. Origine ontologica, che in Dio è prima dello spazio e del tempo, è questo amore infinito ed eterno che ha costruito la nostra storia. Se infatti si dimentica questo, resta solo l'orizzonte della storia, che ingloba tutto come un suo prodotto, anche la fede, ridotta e declassata inevitabilmente a prodotto della storia. Invece, se si riconosce alla fede la sua origine, cioè la sua "antecedenza" alla storia, sia per ordine temporale che qualitativo, allora coerentemente si deve riconoscere che la fede può imporsi alla storia, ed in ogni modo è irriducibile ad essa. Sapienza e storia sono quindi, i due orizzonti che unificano - ciascuno per proprio ambito - tutto il reale: il primo è l'orizzonte dato da Dio, il secondo quello che si da l'uomo. Ecco l’impegno quotidiano dei credenti che non possono obbedire a formule confezionate, che sono chiamati nell'immutabilità dei loro ideali eterni ad attualizzare giorno per giorno l'azione politica risultante dall'orizzonte aperto da Dio ai credenti e dall'orizzonte che naturalmente insorge nell'uomo, nell'impatto critico con la realtà che si trova a vivere e che sperimenta. Se il passato teologico di questo tema è colmo di deviazioni, il problema ad esso soggiacente è reale e quindi non può essere eluso. Solo dalla fedeltà alla Storia e dalla fedeltà alla Sapienza può scaturire il giusto rapporto tra i due orizzonti. Maurice Blondel coglie la linea costruttiva dei due diversi orizzonti, secondo la caratteristica della rispettiva "necessità". Il problema è quindi libero dalle suggestioni della psicologia, perché è solo e puramente un problema di carattere ontologico. E' un discorso fortemente impegnativo, di alta precisione tecnica, che non tollera ritardi di pensiero, né da parte dell'orizzonte della Storia, come da parte dell'orizzonte della Sapienza. E' un discorso che obbliga alla semplicità ed alla verità più pura che sia possibile. Questo discorso è libero e si realizza indifferentemente su tutti i modelli culturali possibili,(che ovviamente non neghino aprioristicamente o dogmaticamente il problema, come è avvenuto nel marxismo o lo neghino solo di fatto come è avvenuto nelle dittature di destra). Soprattutto se si considera come non esiste più l'unità culturale, ma tutte le nazioni sono destinate a divenire multi etniche e multi razziali. L'unità culturale sarebbe realizzata solo da una dittatura e sarebbe il frutto di una ideologia che nega altre culture e che di conseguenza nasconde il problema ontologico. In queste condizioni, quella di riferirsi ai modelli culturali più vivi ed operanti è una scelta obbligata, perché l'unica giustificata. Tutto questo senza soffocare altri modelli culturali che hanno il diritto di evolversi, rinnovarsi e proporsi all'attenzione dell'umanità. Accogliere un modello culturale senza preclusioni o dogmatismi, ma verificandolo per la sua coerenza intrinseca, e quindi disposti ad accogliere la conclusione della verifica qualsiasi essa sia. Il problema che, in teologia si qualifica come apologetico, in realtà deve qualificarsi come ontologico, questo è il vero problema ermeneutico della storia! Effettivamente l'orizzonte della storia  risulta artefatto, perché incongruente rispetto ai principi che pretendono di definirlo. Consegue, che vi è e vi deve essere lo spazio obiettivo per un orizzonte diverso. In altri termini, la Sapienza, non solo rivela, ma compie le potenzialità insospettabili della storia. Se questo è difficile da comprendere, è anche perché la privatizzazione della Chiesa, perseguita dalla storia, ha comportato la ideologizzazione - e quindi la mistificazione - delle sue nozioni fondamentali, che urge perciò ricuperare, in tutta la loro densità obiettiva, al di là di ogni interpretazione riduttiva. Bisogna correggere l'ermeneutica falsificante riascoltando la parola genuina di Dio.

In questa prospettiva, coerentemente, il discorso ecclesiologico non può ridursi al discorso classico sulla natura della Chiesa, ma deve assumere la forma propria del discorso della "teologia politica".

Si tratta infatti, per essere veramente fedeli alla Sapienza di costruire la Chiesa, non di definirla, o, più operativamente, di far esistere la "comunità cristiana" in cammino verso il suo "futuro". L'autore presenta il suo discorso come "provvisorio", questo non è il presupposto per disattenderlo, anzi al contrario, è una ragione per accoglierlo. Nel tempo della ricerca i risultati non possono essere che provvisori, ma la coscienza della loro provvisorietà è la garanzia del loro valore: si sa che la ricerca continua, e quindi non si è caduti nell'illusione e nella presunzione di presentare le cose definitive.

D'altra parte, questo genere di discorso, comunque venga formulato, porta in se una provvisorietà congenita: gli deriva dall'essere un discorso sulla realtà che deve venire: ha quindi valore solo per l'oggi, e bisogna rifarlo ogni giorno, fino all'ultimo dei giorni".

 

SCHIAVITÙ

16 Aprile 1998, per non dimenticare Lqbal Masiq

II 16 aprile di quest'anno tutta l’Italia si mobilita contro il lavoro minorile, attraverso iniziative nelle scuole, sui giornali e nei programmi televisivi, a livello nazionale e locale. La scelta della data  non è casuale: è infatti il terzo anniversario dell'assassinio del piccolo Lqbal Masiq, un bambino pakistano di dodici anni che aveva osato ribellarsi alla sua condizione di semi-schiavitù come tessitore di tappeti e denunciare i suoi sfruttatori, divenendo una sorta di sindacalista dei bambini lavoratori. Un personaggio troppo scomodo per chi sul lavoro dei bambini si è arricchito: tre anni fa Lqbal rimase vittima di un colpo di fucile, sparato da un assassino rimasto ignoto. Quando fu ucciso, correva in bicicletta: forse pensandosi libero, in quel momento, di essere soltanto un bambino, e non il simbolo di un dramma. La sua storia ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sui terni del lavoro minorile in tutto il mondo, e non solo in Pakistan,  Lqbal ripeteva spesso nei suoi interventi pubblici "nessun bambino dovrebbe Impugnare mai une strumento di lavoro, Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite". Lui, dall'età di quattro anni, tesseva tappeti. Era uno del circa 8 milioni di piccoli lavoratori pakistani, fra i 10 e i 14 anni; nel suo paese i bambini costituiscono il 20% della popolazione attiva. In minima parte sono impiegati nell'artigianato e nel lavoro agricolo, mentre la gran parte lavora nell'edilizia, fabbricando mattoni d'argilla, o nelle fabbriche. Al loro lavoro si deve in larga misura il recente "miracolo economico" pakistano; o meglio, alla loro schiavitù, perché alla modernità dei prodotti: strumenti chirurgici e ottici, palloni da calcio, fa da contraltare una condizione di lavoro servile.

 

Il lavoro minorile,

un problema globale, ma il problema non riguarda certo solo il Pakistan. Non esistono statistiche complete sul lavoro minorile nel mondo, perché nella gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza, o comunque non compiono rilevazioni statistiche ufficiali (funziona così anche nel nostro paese,  dove il lavoro minorile è illegale e quindi è scomparso dalle statistiche ufficiali, mentre tutte le stime concordano sul fatto  che almeno 300mila bambini lavorano). Secondo le stime dell'UNICEF e dell'ILO (Organizzazione Mondiale del Lavoro) il numero di bambini lavoratori nel mondo, oscilla intorno ai 250 milioni. Comitato Italiano per l’UNICEF,  Via V. E. Orlando, 83 - 00185 Roma. Tel. 06-478091 Fax 06-47809270. c/c postale n.745.000 c/c bancario COMIT n°894000/01 ABI 03003 CAB 03211 E-mail: comitato@unicef.it  Internet web: http://www.unicef.it

 

SCIENTISMO ED IDENTITÀ

(Travaglio d’IDENTITÀ alle soglie del terzo millennio  in contesto di globalizzazione) La razionalità, in altre parole il metodo delle scienze “esatte”, aveva finito con l'imporre il suo metodo a  tutte le altre branche del sapere, di conseguenza ha finito col negare autentico valore conoscitivo a tutti gli altri ambiti del sapere, finendo con lo squalificare ed oggettivare l’esperienza umana.

Questo movimento scientista ha inciso profondamente dall’800 ai giorni nostri, sgretolando la metafisica, il senso di Dio ed ovviamente, l’oggettività e l’universalità del Valore. Dalla fede in Dio si è passati nella fede nella scienza rendendo il sapere e le certezze umane tutte relative, da questo nasce la confusione ed il disordine della nostra società che rappresenta il terreno favorevole dei peggiori tra gli uomini. La virtù ha perso un fondamento culturale mentre il crimine ne ha trovato uno nel relativismo. Questo è ampiamente dimostrato dalla spavalderia aperta dei malavitosi e dai tanti timori a cui va soggetta l’onestà.

Così abbiamo assistito al crollo del senso religioso, degli ideali e perfino a quello delle ideologie. Una situazione nebbiosa di opinabile e di incertezza sul piano psicologico, una condizione di relativismo e di pensiero debole sul piano filosofico, hanno regalato a tantissimi il travaglio esistenziale di cercare, di ricercare e di cercare ancora per laceranti tentativi la propria IDENTITÀ. Quest’enorme fatica, questa dolorosa gestazione, nel tentativo a volte vano di costruire qualcosa avendo a disposizione solo una grande penuria di materie prime ed al contempo infinite proposte fuorvianti.

In particolare, le società occidentali sono in crisi da troppo tempo e non si trova soluzione alcuna a quelle situazioni che vanno sotto il nome di crisi giovale, crisi ambientale, ecc. Abbiamo ottimi sociologi che sanno fare perfette analisi della situazione, ma nessuno che sappia tracciare delle definitive soluzioni al fenomeno di generalizzato disagio.

A conclusione di una conferenza ad altissimo livello culturale sul disagio giovanile ho ascoltato questa soluzione: “I genitori devono seguire maggiormente i figli!”. Ma chi deve stare con i genitori, dal momento che anche loro sono in crisi? Chi potrà aiutare i nostri figli dal momento che tutta la società è in crisi? Allora è necessario uscire da una razionalità diversa da quella scientista che pretende di dare una spiegazione a tutto con il suo metodo, ma che invece, ha finito col costringere l’inesauribile esperienza umana in un quadro meccanicistico. E’ ovvio comprendere come la scienza sia ottima nel suo specifico, ma diviene pericolosa quando con il suo metodo (che vedremo tra un po’ essere conveniente più che definitivo), pretende di invadere tutti gli ambiti dello scibile umano, così proprio la mentalità scientista porta il massimo insulto alla scienza, trasformandola da serva dell’uomo in padrona. Questo criterio -ovviamente- è anche valido per tutte le altre branche del sapere, che per essere utili non devono prevaricare i loro ambiti e sconfinare nell’altrui competenze. Da questo possiamo desumere una regola aurea: “ Ogni disciplina del sapere ha valore per quello che afferma, ma non per quello che pretenderebbe negare ad altri settori del sapere”.

Il tentativo d’assolutizzare è sempre stato una facile tentazione per i pigri e per gli ignoranti, che hanno portato tante rovine al genere umano. Lo scientismo ha ridotto appunto l’inesauribile risorsa umana in un quadro meccanicistico. Ma già a fine 800 non si poteva più onestamente ridurre i fenomeni elettromagnetici e termodinamici a puro meccanismo. La teoria della relatività e quella dei quanti, ad inizio 900, metteranno fortemente in discussione i principi fondamentali della fisica, conducendo a quello stadio attuale che è la crisi della “meccanica classica”. La scienza è quindi una opinione che si sottomette al concetto dell’utilità e non della verità, oppure possiamo dire che la scoperta scientifica è una verità relativa, molto piccola e transitoria, insomma una verità dal destino più o meno breve.  Verità e certezza cessano di essere anche i requisiti delle matematiche che sono soltanto dei sistemi ipotetico-deduttivi, questo fu compreso a motivo delle geometrie non euclidee e a causa delle scoperte “antinomie” in seno alla teoria degli insiemi su cui si credette di fondare solidamente l’intero edificio matematico. In realtà, la matematica è solo una convenzione che risponde al criterio del comodo e dell’utile piuttosto che a quello del vero. Mentre non si sono divulgati  i veri contenuti della ricerca scientifica, si è invece operata una sistematica spoliazione della metafisica e del suo ruolo di interpretare l’uomo e  la morale. Le conseguenze di tutto questo, oggi sono sotto gli occhi di tutti. La prevaricazione del metodo scientifico su tutti gli altri metodi, aveva fatto della teoria dell’evoluzione  il criterio per ridurre l’uomo semplicemente ad un animale maggiormente dotato o evoluto... La sociologia bollava le manifestazioni dello spirito, leggendole come determinismi collettivi dai quali giungeva addirittura a far scaturire il concetto di persona. La personalità di ognuno non sarebbe quindi che il frutto di un determinismo collettivo, proprio come avviene per i conigli. La psicologia assolutizzava tutto entro meccanismi deterministici con cui spiegava il senso morale e la dimensione religiosa. In questo contesto deterministico è evidente come l'uomo non sia libero delle sue scelte, per questo si vanifica il concetto libertà e della relativa responsabilità di ognuno di noi. Cosa può restare del senso del peccato? La scienza poneva nelle mani dell’uomo risorse impensabili, ma nel frattempo l’uomo aveva perso la sua IDENTITÀ, la sua anima, abbrutito poteva utilizzare queste immense risorse per autodistruggersi. Tantissimi erano gli spazi di umanità che si erano e si sono persi, come la solidarietà, la compassione e la capacità di dialogare. Per fortuna, oggi, nessuno è così ingenuo dal credere che la scienza staccata da un senso morale oggettivo ( fondato sulla legge naturale che trova una eco perfetta non solo in tutte le religioni monoteistiche che nascono dal decalogo ma anche nell’insegnamento d Buddha) sia sempre utilizzabile per il benessere dell’umanità. La manipolazione genetica e le infinite manipolazioni da cui quotidianamente dobbiamo difenderci ne sono una dimostrazione drammatica di quanto sia pericoloso un uomo che non abbia una vita spirituale. Ma la dimensione spirituale - è la vera costituzione della dignità e dell’essere di persona veramente umana e civile - non è un ambito che la scienza con il suo metodo può investigare.  Ecco la sfida culturale che l’umanità deve vincere alle soglie del  2000, trovare in contesto di globalizzazione, un senso morale oggettivo ed universale, un  nuovo  progetto culturale per un umanesimo globale ed integrale.  A questo progetto sto lavorando da circa due anni, c’è chi desidera aiutarmi? Sarà certo più faticoso farsi un quadro globale di interpretazione della realtà e dell’uomo nella sua globalità, ma senz’altro più onesto intellettivamente. Più onesto intellettivamente sarà tornare a fare i conti con la dimensione della trascendenza, che coinvolge sempre più l’interesse delle giovani generazioni. Il male dell’essere, la ricerca dell’IDENTITÀ, il problema della convivenza pacifica, all’interno degli infiniti interessi della globalizzazione, impongono il ripristino della metafisica nel suo ambito specifico perché la vita è spiegabile solo con le categorie dell’amore che sono categorie di infinito e di poesia. Per concludere dobbiamo riconoscere che la fede non è contrapposta alla scienza o viceversa. La realtà del progresso vero dell’umanità e della tutela dell’uomo sono proprio l’opposto, infatti il credente che dogmaticamente rinuncia alla sua intelligenza e di conseguenza al dato scientifico è destinato a diventare superstizioso, intollerante e perfino criminale, ovvero sopprimere in nome di Dio altri esseri umani. Lo scienziato senza la fede, la speranza e l’amore, senza un sistema etico oggettivo e naturale utilizzerà il suo potere scientifico per i suoi interessi economici o li sottometterà alla logica del suo “dittatore”. L’uomo viene offeso e deturpato quando fede e scienza come due sorelle non si danno la mano. prof. Scarola Lorenzo. (art. liberamente elaborato da Didattica e Scuola, 1987)

 

SCUOLA

 

Come educatori abbiamo il dovere di motivare gli alunni allo studio ed all’autopromozione, essi devono autotrascendersi continuamente, solo così potranno non inibire le grandi possibilità che sono nelle loro potenzialità. Essi devono giungere ad amare più la cultura e la ricerca scientifica che l’istituzione scuola. Ci assumiamo una terribile responsabilità nel momento in cui i nostri voti non sono espressione della realtà, e quando certifichiamo che un alunno può essere promosso pur non avendo onestamente e responsabilmente studiato. L’alunno ha diritto di trovare nella scuola un modello alternativo di società.

Ha diritto di sperimentare che è possibile una società basata sul merito e sulle regole della trasparenza e della giustizia.

Non spegniamo nei nostri alunni la speranza che è possibile costruire una società migliore. L’equità è sommamente educativa se è unita ad un atteggiamento di comprensione. Si può essere promossi se non si sono raggiunti sufficientemente tutti i risultati, ma mai si deve poter essere promossi se questa mediocrità è il frutto di una mancata e coerente applicazione. Se avviene il contrario, noi siamo i primi corruttori della società. Autogestioni interminabili, milioni di ore di scuola perse solo perché mancano gli organici anche fino a novembre. Insegnanti che si adeguano alla classe e alla sua non volontà di studio. I ragazzi si demoralizzano completamente nei confronti del sacrificio dello studio quando constatano che nonostante non hanno studiato sono stati promossi. Un collega mi ha detto: “Vogliono tenere nell’ignoranza il popolo italiano per meglio dominarlo”.

 

Valenza dell’insegnamento religioso

 

AUTORITY

Come si controlla il sistema scuola? Non certo attraverso il Provveditorato o il Ministero, che allo stato attuale sono dei feudi, in cui anche dei semplici funzionari riescono a gestire un complesso sistema di clientele. Si mettono i documenti a posto, si fa finta di non vedere, di non capire e certe situazioni incancreniscono è il concetto stesso della giustizia e della didattica che viene offeso. Occorre un’Autority indipendente dal sistema di potere occulto che risponde spesso a logiche di forza invece che a una retta impostazione della didattica. Quando in prima istanza ci si rivolge al Provveditorato, in seconda istanza ci si deve poter rivolgere all’Assessorato della Pubblica Istruzione del Comune di appartenenza, autorità politica certamente più sensibile alle legittime istanze del territorio. In terza istanza contro la sentenza dell’Assessore, controfirmata dal Sindaco, si deve poter ricorrere in appello al TAR. Attualmente assistiamo alla beffa che il Provveditorato giudica se stesso, in quanto non esiste altro organo competente per giudicare l’azione didattica.

 

SCUOLA PRIVATA

Dobbiamo finanziare la scuola privata? Dobbiamo finanziare i ricchi? Tutti diremo di non finanziare i ricchi! Questa è stata la politica demagogica delle sinistre nei confronti della scuola privata. Ribaltiamo il problema e vediamolo dal punto di vista del diritto delle famiglie. Perché il cittadino che paga le tasse non deve essere libero di poter mandare il figlio dove vuole? Perché devono poter accedere solo i facoltosi alle scuole private o all’educazione cristiana? Perché per motivazioni economiche un cittadino non deve poter dare al figlio quella formazione culturale e umana che desidera dare? Perché deve esistere per i non facoltosi un monopolio dell’educazione? Perché dobbiamo creare Presidi e insegnanti parassiti e incapaci nella pubblica amministrazione? Le scuole non competitive e non professionalizzanti devono essere soppresse con l’esodo degli alunni. Sull’offerta formativa, infatti, si gioca il destino delle future generazione e dell’intera società. In una società liberale e democratica questi impedimenti e queste restrizioni ed i conseguenti privilegi non devono poter esistere. Si vuole una scuola omologata e di massa perché essa può lentamente ed inavvertitamente diventare scuola di regime, e sformare generazioni di rincoglioniti, con le facoltà critiche bruciate, generazioni dalla coscienza e dal respiro debole. La pluralità culturale, l’uguale accesso di tutte le agenzie educative in condizione di vera parità fa paura a chi vuole soltanto una parvenza di vita democratica. Ci si deve ricorrere allora alle indegne strumentalizzazioni sulla scuola privata che abbiamo fin qui assistito. L’impiegato nella pubblica amministrazione o nella scuola privata che non corrisponde ai canoni della legalità prefissati dal Parlamento deve essere licenziato su due piedi e messo in mobilità.

 

LETTERA APERTA

AI COLLEGHI DELL’ITC “Tommaso Fiore”

Il principale compito della scuola è quello della formazione del cittadino; esiste, infatti, una oggettività laica della formazione morale che ha il dovere primario e inderogabile di educare al senso del giusto e dell’onesto. Non si possono livellare il lavoro e l’ozio, il merito e il demerito, senza mettere in pericolo il destino delle future generazioni. E’ enorme il valore della scuola, il nostro valore, nel costituire il destino delle future generazioni e nell’attrezzarle con amore, rettitudine e professionalità a percorrere la via della civiltà. La scuola ha il compito primario di educare proprio a questo. Un atteggiamento non sicuro dal punto di vista educativo porta alla barbarie. La valutazione, se vuole essere educativa, deve seguire sia il criterio oggettivo che quello soggettivo. Oggettivamente, noi dichiariamo che Giacomino è ragioniere o può essere promuovibile alla classe successiva, se così non fosse, da bugiardi, attesteremmo un falso in atto pubblico. Soggettivamente, invece, guardiamo alla situazione ambientale della classe e all’impegno profuso dall’individuo esaminato. Se la valutazione non scaturisse sia dal lato soggettivo che da quello oggettivo ci troveremmo, alternativamente, nell’atteggiamento di lassismo o di crudeltà. La situazione di lassismo, attualmente, è quella di gran lunga più frequente. Il buonismo, il mammismo, porta avanti situazioni che si incancreniscono fino a compromettere, culturalmente e psicologicamente lo sviluppo delle giovani personalità. Purtroppo, il nostro Istituto, come molti altri, si trova imbrigliato nel buonismo che vede la scuola come un luogo obbligato di parcheggio, dove si può sacrificare sia la oggettiva formazione culturale che l’indispensabile contributo della buona volontà individuale. La sfiducia degli alunni in questa istituzione va sempre più crescendo, frasi dal tenore:  “Perché questa scuola è ?”, oppure atteggiamenti di scoraggiamento e di crescente demotivazione e disaffezione allo studio sono il frutto di promozioni immeritate, che portano i pigri a essere sempre più pigri e i volenterosi a scoraggiarsi, con una politica didattica che produce sia il ribasso qualitativo che quantitativo. Politica dello struzzo più che miope se vuole essere una soluzione al calo delle iscrizioni. Solo una scuola professionalizzante e propositiva di valori etici chiari e inderogabili, potrà superare il calo delle iscrizioni. Anche la didattica è l’azione duplice e coordinata del corpo docente e dei discenti, ma la realtà di docenti unicamente complici con le aspettative degli alunni è tutt’altro che rara, questi hanno si un compito facile e populistico, scevro da critiche e fastidi e fatiche ma compiono un crimine nei confronti della speranza e del destino dei singoli e delle comunità. Atteggiamenti che vadano solo nella direzione delle aspettative dei ragazzi, anche se sono minoritari, sono, tuttavia, devastanti nei riguardi del lavoro degli altri colleghi. Sufficienze, strappate all’ultimo momento, per un argomento a piacere o voti largheggiati, portano a quel tradimento etico delle future generazioni dalle tragiche prospettive future. La società in genere e la nostra società territoriale in particolare, potrà essere salvata o perduta dai nostri criteri valutativi se essi saranno o non saranno una ingiuria alla giustizia e alla verità che noi siamo chiamati a concretizzare ed a testimoniare con la nostra vita. I nostri ragazzi sono già abbastanza sfortunati perché sono nati in un’era di crisi morale, ideale, politica ed economica. Vi scongiuro nel nome di Dio, non scippiamo loro l’unica certezza che noi possiamo loro ancora offrire: la speranza. La speranza in un futuro migliore e politicamente possibile, la possibilità di lottare per una società alternativa di cui noi siamo l’immagine profetica. Signori, non vedete come molti ragazzi ci muoiono di noia. Non esiste nulla di più noioso che ottenere qualcosa che non si è meritato, per cui non si è lottato. Solo una vita conquistata, fors’anche sofferta è degna di essere vissuta e si dischiude naturalmente alla gioia.

Grumo Appula 17/06/1998            Affettuosi saluti dal vostro collega di IRC Lorenzo Scarola

 

Con il garantismo e il permissivismo stiamo rovinando i nostri giovani e il futuro della nostra società

Gli spinelli nel bagno

Il molto basso livello culturale e la fragilità psicologica.

Descrivi la quinta E e la quinta B

NUMERO ALUNNI

Non si deve mai superare il numero di 20 alunni per classe.

PROGRAMMAZIONE

Interazione tra azione oggettiva del programma e realtà soggettiva della classe.

PROGRAMMA

Indica i saperi minimi entro cui o viene bocciata la classe o viene licenziato il professore.

 

SCUOLA

 

Un docente che al contempo non sia un maestro di vita e un esempio di virtù, non dovrebbe mai osare di mettere un solo piede nella scuola.

Ogni docente dovrebbe essere un metafisico.

 

SCUOLA

L’educazione è l’arte per eccellenza, è il principale compito di Dio, Egli tutto ha preordinato per poterci educare e nel far questo porta una tale passione di gioia e di dolore che per noi è difficilmente comprensibile. Educare è  sempre stato difficile, ma oggi lo è particolarmente, sono poche le gratificazioni di un educatore che forse non potrà mai vedere il frutto dei suoi sacrifici, altri ne godranno. Onore, quindi, a tutti gli insegnanti che sono al contempo educatori, iniziando dai maestri della scuola materna ed elementare (i più importanti), per finire a quelli universitari. La maggior parte degli insegnanti purtroppo non comprende la loro dignità, essi non immaginano come il futuro della società dipenda esclusivamente da loro. Quando essi promuovono un alunno che non ha fatto il suo dovere essi uccidono il futuro di tutta la società. Degradati non tanto sotto un profilo economico, quanto svuotati di vera autonomia didattica e burocratizzati, essi vedono svilire continuamente il loro ruolo e si abbandonano ad una facile quando dannosa sfiducia.

Al Presidente del Consiglio,

Il docente di Religione prof. Lorenzo Scarola approfitta della presente ed esterna le sue preoccupazioni sul mondo della scuola.

   

La scuola oggi, purtroppo, in perfetta continuità con la politica malefica dell’ulivo, mostra di essere guidata dai burocrati e di avere un ministro della Pubblica DIstruzione dalla debole personalità, attualmente, purtroppo senza un progetto educativo si scardina il futuro del nostro paese:

1.  Tutta l’Italia ha fatto ricorso contro le ingiustizie del SIS che con corsi a pagamento ha regalato ben 30 punti. Sono stati pagati 30 punti. Ma il Governo non é intervenuto. A mio giudizio con due anni di corso avrebbero dovuti essere attribuiti 12 punti che equivarrebbero a due anni di servizio nelle scuole private.

2.  Siamo costretti a tenere in classe fino ai 16 anni, bulli e delinquenti che non vogliono essere coinvolti o motivati. Vengono in atteggiamento di sfida per esercitare unicamente azione di disturbo. Saltano così tutte le responsabilità che abbiamo nel tutelare il diritto all’istruzione e alla formazione.

3.  C’é un malefico slogan “vietato, vietare. Vietato punire vietato bocciare”. Tutti vanno promossi alla fannullaggine, alla volgarità, ecc… Cos’ì anche il rapporto impegno-promozione é stato distrutto, come anni fa quello di merito-promozione. Per non perdere cattedre promuoviamo comunque.

4.  Tanti progetti ben lucrativi del POF, miliardi a cascata per i docenti di serie A: lecchini del dirigente scolastico, gli amici degli amici, e i caporali delle istituzioni. Le “briciole” ai docenti di serie B. L’ostracismo ai progetti presentati dai docenti di serie C, gli indipendenti o gli schifati dell’attuale situazione.

 

SOLUZIONE:

1.  Le classi devono partire con max. 20 alunni ed essere mantenute per un numero effettivo di dodici.

2.  Il libro di testo “istituzionale” deve essere elaborato per tutto il territorio nazionale e stampato in forma sintetica dal Ministero, donato al bisognoso.

3.  Dalle scuole superiori deve essere introdotta la categoria del merito, i corsi devono essere trasversali. Quelli che come delinquenti e bulli oltraggiano l’azione educativa devono essere affidati ad una sezione speciale, per attività pratiche in qualsiasi momento dell’anno scolastico.

4.  I docenti devono partire con uno stipendio base di 1500 Euro, fare 18 ore effettive di lezione, più 6 ore settimanali da dedicare ad aggiornamento, a progetti e a riunioni collegiali ridotte al minimo (meno burocrazia, più dignità all’azione didattica ed educativa del docente).

 22- 05 - 02

 

DIDATTICA

I due attori della didattica sono il docente e la scolaresca, ma una impostazione didattica equilibrata che veda in armonia queste due componenti è oggi in Italia una vera chimera. Nella scuola è in atto uno scontro e una incomprensione di fondo fra due diversi atteggiamenti erronei. L’atteggiamento maggioritario è quello di guardare alla realtà della classe, alle sue capacità di studio a casa e alle sue abitudini di apprendimento adattandovisi. In questa condizione è la classe che impone al docente un comportamento che è sempre al ribasso sia sul piano qualitativo che quantitativo, sia sul piano della didattica che della disciplina, con la evidente penalizzazione dei migliori, e con la frustrazione continua degli alunni e docenti onesti. L’atteggiamento minoritario è rappresentato dal docente idealista e ingenuo che ha di fronte l’oggettività di un programma e di uno studio finalizzato alla formazione culturale e professionalizzante dignitosa, con la conseguenza di ammalarsi di fegato e di mettersi contro alunni, genitori e colleghi. E’ comodo, quando disonesto il primo atteggiamento populista, perché in fondo: 1- si accontentano i ragazzi, 2- si lavora meno, 3-  non si hanno critiche, 4- si trattengono disonestamente degli studenti e non si mettono a repentaglio posti di lavoro. Ma al futuro cittadino di donami si nega sia la possibilità di apprendere un lavoro in tempo utile che una dignitosa formazione culturale e professionale, si trasformano le scuole in luogo di parcheggio e in terreno di coltura per ogni vizio devastante a cui apre la noia e la frustrazione. A questo punto va chiarito il concetto di dispersione scolastica che va inteso solo se relegato all’interno della scuola dell’obbligo (scuola media inferiore) e entro il quattordicesimo anno di età, e inoltre per i bisognosi, che abbiano la media del sette, senza limite di età, con borse di studio cospicue, affinché non sia la indisponibilità economica a limitarne lo sviluppo culturale. Lo stato deve normare e tutelare il lavoro del quattordicenne assumendosi le spese assicurative e contributive (vedi:. Lavoro minorile). La retta impostazione didattica è data dal fissare gli obiettivi minimi a livello di collegio docente sia in proporzione della quantità che della qualità, bisogna poi avere il coraggio di applicare il limite dello sbarramento, anche se si sarà costretti a respingere la metà  degli studenti. Se non si utilizzerà il metodo del rigore non si potrà arrestare il periodo di crisi e di degrado della nostra società che sfocerà in eventi veramente drammatici. La didattica è allora il frutto di un incontro tra un dato oggettivo che può essere elasticizzato solo entro i parametri prefissati dal Collegio Docenti o dal Ministero della Pubblica Istruzione e la realtà della classe che dovrà produrre ed essere messa nelle condizioni di poter produrre quell’accrescimento umano, culturale e professione che solo può garantire il futuro della nostra società.    

 

SECESSIONE

Trattasi di un fenomeno contro l’evoluzione storica, una forma di regressione psicologica e politica, una forma di egoismo. Tutt’altra cosa è invece il federalismo.

Storicamente andiamo contro l’abolizione delle frontiere nazionali e verso il più ampio senso di appartenenza possibile

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SECOLARIZZAZIONE

E’ un processo caratteristico del mondo contemporaneo. Il mondo, l’uomo, la storia vengono considerati a prescindere dalla loro radice, cioè in una realtà trascendente.

Ma già la «teologia tradizionale» comprendeva come il distacco da Dio è il principio di una grande catastrofe, quella che noi stiamo vivendo.

Mai l’uomo in occidente è stato così ricco di mezzi e mai al tempo è stato così insoddisfatto. Abbiamo avuto addirittura una «teologia della secolarizzazione» (anni ’50-60, Gogarten, Metz): che distingue il mondo da Dio e permette a Dio di essere divino e all’uomo di essere mondano, ma i risultati sono tragici, sono quelli di una de-cristianizzazione di fatto e una artificiale quanto fasulla «autofondazione dell’uomo».

Questa rivolta dell’uomo in cerca di autonomia contro Dio. Le cause di questo conflitto sono da ricercare: 1. tra necessaria autonomia e teonomia schiacciante;  2. reviviscenza dell’umanesimo antico, nel Rinascimento; 3. lacerarsi del tessuto ecclesiale nei secc. XV-XVI, guerre di religione: Dio non ha più una funzione di unificazione sociale; 4. affermarsi della borghesia moderna: l’uomo si realizza mediante il lavoro, e la conoscenza; 5. nascita delle scienze moderne: contrasto fra dati biblici e dati scientifici.

La religione si riduce e diventa un fatto meramente interiore, morale privato, non più sociale. Dio diventa un fattore ininfluente nella spiegazione del mondo: si vive etsi Deus non daretur (Bonhoeffer): è un Dio morto, che non conta nulla. Ma se Dio scompare, anche il mondo e l’uomo scompaiono: bisogna parlare di Dio, per salvare l’uomo. Ecco la VALUTAZIONE DEL VAT. II: 1. le creature e la società hanno leggi proprie, che vanno scoperte ed usate; 2. Le creature e le società hanno ricevuto una reale autonomia, ma questa è somma responsabilità (in Gaudium et Spes, 36).

 

SEMPLICE

Oggi, per non rischiare di dare dello stupido a qualcuno si dice di lui che è:  “semplice”. Questa è l’ipocrisia e la distorsione linguistica che indica tutto il disprezzo che questa cultura materialista ha dei valori spirituali, dei valori più eccelsi a cui un uomo può aspirare. La semplicità è la qualità dell’uomo maturo che ha distaccato il suo cuore dall’effimero apparire e ingannare delle apparenze.

 

SERVIZI SEGRETI

I servizi segreti sono una istituzione importantissima in una nazione moralizzata, ma divengono il principale fattore destabilizzante per un ordinamento democratico quando si pervertono. Sono essi che rendono impunibili gli atti di criminalità dell’alta finanza, e delle lobbie politiche. Se in una nazione esiste una radicata organizzazione mafiosa, i servizi segreti devono essere subito sciolti, iniziando dal vertice per finire all’usciere del palazzo. La presenza di solidificate organizzazioni criminali indica inequivocabilmente  il presentimento dei servizi segreti.

 

SESSO

L’attrazione sessuale è un istinto primordiale, tutt’altro che peccaminoso, esso è il gratificante desiderio di compiacimento che sperimentiamo nei confronti del sesso opposto. E’ una forza potente e costruttiva se viene vissuta con maturità umana e affettiva. Personalmente non accetterei le proposte sessuali di donna alcuna, perché per me la genitalità ha valore sacramentale, ed io sono sposato e consacrato a Dio. Mi sento attratto dalle forme femminili, sento in me il desiderio di compiacimento o attrazione, ma non ho desiderio di congiungimento carnale e questo un grande dono del cielo considerata anche la mia focosa natura. Ringrazio il Signore per tutta questa serenità che mi ha concesso e mi dispiaccio di non vedere questa serenità in tanti uomini. Liberiamo il sesso dalla volgarità, ricopriamolo di dignità. Onore e amore.

 

SIGARETTE

Il fumo da tabacco è la principale fonte di morte prematura nel mondo.

Chi acquista il tabacco incrementa le tasse che ha già versato allo Stato. Chi acquista sigarette dal contrabbando finanzia la criminalità organizzata e si macchia moralmente le mani di sangue. Possiamo fumare, purché il fumo non diventi un vizio che non riusciamo più a dominare.

Un uomo che si lascia dominare non è un uomo.

 

SINCRETISMO

(MILIZIA MARIANA,UNA RELIGIONE VALE L'ALTRA?, DI GIUSEPPE FERRARI, P.18 sett. 1994, N.7) Con il termine sincretismo si indicano quelle concezioni religiose derivanti dall'accostamento e dalla fusione di elementi presi da forme religiose diverse e non convergenti. La credenza sincretistica si fonda in genere su una interpretazione dei sistemi di pensiero e delle correnti religiose da cui trae gli aspetti fondamentali, che in alcuni casi tende in modo eclettico a minimizzare o eliminare gli elementi di divergenza esistenti nelle realtà originarie e a sottolineare le loro affinità, e in altri casi ad accostare e mescolare elementi inconciliabili o incompatibili rilevabili nelle stesse.

Negli anni recenti sono sorti molti movimenti e gruppi di diversa matrice e ispirazione che sostengono una visione relativistica della religione. Alcuni, inoltre, evidenziano un chiaro carattere sincretistico.

 

SINCRETISMO

E' necessario seguire un credo e ritenere che esso sia assoluto! Infatti le coordinate spazio temporali in cui l'uomo è costretto, gli impongono di non relativizzare o adattare il proprio credo religioso, la propria fede, pena la confusione e la dispersione dell'essere! E' necessario avere un credo, una religione e ritenere che essa sia assoluta, la migliore possibile. Intorno ad un credo specifico si giochiamo la propria identità di uomo incarnato nella storia e condizionato dallo spazio e dal tempo. No al sincretismo! No all’aggiungere alla propria religione elementi teologici e disciplinari diversi. E’ molto pericoloso il tentativo di crearsi una propria religione, ovvero il sincretismo. Nessuno presuma della sua superiorità spirituale al punto da potersi sentire moralmente e teologicamente distaccato da una chiesa /religione particolare.

 

SINDACATO

Diciamo tutt'insieme no alla sfiducia, diciamo insieme SINDACATO

Quando in un collega trovo la sfiducia, questo è SEMPRE INDICATORE della mancanza di una coscienza sindacale, ovvero atteggiamento di impotenza di fronte a "giochi occulti" che si vivrebbero al di sopra della sua testa ed ai quali non può far altro che soggiacere.

Luoghi comuni ed affermazioni acritiche per un fatalismo passivo, che nuoce ad un professionista dell'educazione e della cultura che invece ha bisogno di essere sereno e sicuro nel coltivare un'alta stima del suo ruolo nella scuola e nella società, portatore di ottimismo, di civiltà e di speranza.

Il fatalismo passivo, il vittimismo sono non solo il sintomo di un vuoto di consapevolezza sindacale, ma anche il sintomo di un disagio profondo, consapevolezza errata di impotenza e di pessimismo. Si comprende come, a lungo andare, questo possa portare alla autodemolizione.

Ma chi si accinge a compiere una grande o una piccola opera deve essere serenamente orgoglioso di quello che fa, consapevole di quelli che sono i suoi diritti, affinché possa avere fiducia in se e nei mezzi che sono a sua disposizione. Deve essere informato sul fatto che le leggi favorevoli sono di gran lunga maggiori di quelle sfavorevoli, e deve essere attrezzato su un suo preciso dovere morale: lottare per tenere alta la dignità della sua professionalità. Consapevole che può molto nella unità e nella comunione, può molto nel perenne e costante processo di trasformazione della società. Lo spazio lasciato, il vuoto creato nelle istituzioni è sempre grave e colpevole. Il Concilio Vaticano II, ha indicato chiaramente la via della responsabilità nella comunione e nell'autodeterminazione, ha chiamato alla responsabilità i fedeli laici che devono assumersi le loro responsabilità, essi devono incarnare la fede in tutte le realtà temporali. Il Concilio Vaticano II, ed una serie impressionante di documenti ecclesiastici, chiama il cristiano ad uscire dalla sindrome del "minorenne" ed a farsi responsabile "adulto" delle scelte politiche, economiche e culturali che il suo essere cristiano nella storia comporta.

Dobbiamo rendere ragione della nostra fede, non solo nelle sacrestie, ma in tutte le strade del mondo. Ho nelle orecchie le parole di S.Paolo: "Tu mostrami la tua fede senza le opere io ti mostrerò le mie opere....." Fatti! Opere! Progetti! Conquiste!

Sono i frutti del nostro Sindacato! Tutto il contrario di un atteggiamento fatalisticamente passivo. IL SINDACATO grida ai quattro venti: "Finalmente! Per dire basta a chi: ti fa sentire un mendicante..., non riconosce la tua professionalità..., ti discrimina perché insegni religione." Come possono affermare alcuni colleghi: "il sindacato non serve a nulla é non può nulla, tutto dipende dalla CEI", proprio ora ho sotto gli occhi le numerosissime realizzazioni dello SINDACATO dall'Ottobre 1992 ad oggi, i tanti ricorsi al TAR (tutti con esito vincente), convegni, aggiornamenti e contatti fruttuosi a tutti i livelli, in particolare con il M.P.I..

Come possono alcuni colleghi dire: "La CEI ha venduto lo stato giuridico degli IdR per ottenere l'otto per mille". Ma questo dove è scritto? Chi lo ha detto? Tuttavia comunque e sempre, non dobbiamo dimenticare che solo il Signore è il Signore che guida la storia degli uomini e la Sua Sposa: la Chiesa nostra madre. Da piccolo intellettuale di provincia ho capito che senza stato giuridico gli IdR, hanno le ore contate nella scuola, lo stato giuridico è la sfida prioritaria per assicurare ai ragazzi una fondamentale ed insostituibile fetta del sapere e della formazione civile ed umana.

Ora questo non l'ho capito solo io, ma prima di me lo hanno capito i nostri pastori, lo hanno capito tutti gli uomini (anche atei) che avvertono l'urgenza di preservare e trasmettere l'identità storica e culturale del popolo italiano! Solo lo stato giuridico agli IdR preserverebbe  la scuola italiana nel suo ruolo culturale e nel suo compito a vantaggio di tutti, diversamente si andrebbe incontro ad un degrado umano, ideale e culturale dai risvolti catastrofici. Ormai è la comunità civile che appropriatasi dei contenuti del cristianesimo comprende che senza degli stessi è destinata ad estinguersi. Tutto questo è lontanissimo da inesistenti vantaggi confessionali.

Certo, la legge, prevedendo la possibilità di non avvalersi di tale insegnamento, priva l'alunno di una ricchezza: di crescita, di approfondimento, di chiarimento esistenziale sui valori che appartengono alla ricerca dell'uomo e non soltanto del credente.

Non è un caso che dove si registra una maggiore esenzione dall'IRC si evidenzia anche un maggiore disagio giovanile. Tuttavia, perché quella briciola di ora possa dare i frutti sperati è indispensabile vivere negli orientamenti indicati dai vescovi: "il docente di religione è chiamato a dare senso e valore al suo lavoro primariamente sul piano dell'intenzionalità educativa che trova il suo principio e sostegno nella fede che il docente professa e vive... gli alunni hanno diritto di incontrare in lui una persona credente, che suscita interesse per quello che insegna grazie alla coerenza della sua vita, e alla manifesta convinzione con cui svolge il suo insegnamento". Nella stessa nota pastorale riguardante l'IdR si dice: "L'insegnamento della religione cattolica è un servizio educativo a favore delle nuove generazioni, volto a formare personalità giovanili ricche di interiorità, dotate di forza morale ed aperte ai valori della giustizia, della solidarietà e della pace, capaci di usare bene della propria libertà". E' ampiamente dimostrato come l'IRC non è catechismo e non ha risvolti ideologici, ma è autenticamente un servizio sincero, al fine di educare i ragazzi ai valori della vita, della religiosità e della spiritualità essenziali per una formazione globale, all'interno delle finalità della scuola ed in armonia con le altre discipline.

Così è evidente che il servizio educativo deve essere offerto a tutti e non solo ai cattolici, anche perché questo favorisce l'attitudine al confronto, al dialogo, alla tolleranza che sono il più grande investimento per il futuro della nostra società. Certamente la facoltà di non avvalersi dell'IRC nasce da un atteggiamento ideologico che per questo non può focalizzare la realtà nella sua giusta dimensione. L'insegnante di religione nella sua veste di cittadino come in quella di credente è "mandato" per assolvere un ruolo delicato ed importante e questo con strumenti tanto poveri che nessuna disciplina all'interno della scuola condivide. Si tratta veramente di una grande responsabilità; si richiede grande coraggio e grande correttezza civile ed ecclesiale, che come mi risulta, la grande maggioranza degli IdR vive con dignità e professionalità, spesso circondati da indifferenza, da ostilità ideologica miope ed immeritata.

Colleghi, siamo ed esprimiamo "tutti" l'orgoglio del grande privilegio che abbiamo ottenuto, pur fra le evidenti, ed a tutti note, difficoltà. Non lasciamoci imprigionare nella rete delle tante difficoltà, ma coltiviamo sempre più la nostra professionalità che viaggia di pari passo sul doppio binario della legittima coscienza ecclesiale come della legittima coscienza civile e sindacale. Non possiamo attendere fatalisticamente gli eventi, siamo chiamati alla fedeltà al Vangelo che nella direzione del Concilio Vaticano II ci chiama ad essere responsabili e protagonisti del nostro futuro. Per tutti ed a tutti una sola parola: SINDACATO. 23/ 09/ 96      LORENZO SCAROLA

 

SINDACALISMO

Padre Alberto Hurtado è stato beatificato. E’ stato un apostolo di Cristo che ha svolto una feconda attività pastorale ed è proprio per questo che è stato una gemma preziosa anche per la concezione sindacale e politica della società. Padre Hurtado nacque a Vina del Mar (Cile) il 22 gennaio 1901. Il suo babbo morì quando lui aveva quattro anni. Insieme con sua madre e con il suo fratello minore visse gli anni successivi in una difficile situazione economica. La sua vocazione e il suo amore verso Dio si delinearono subito a favore dei poveri. Fin dalla sua giovinezza svolse un’intensa attività apostolica in uno dei quartieri più poveri di Santiago. La sofferenza dei poveri contrassegnò la sua vita e la sua spiritualità. Al termine della sua istruzione secondaria aveva già deciso di farsi sacerdote, ma la situazione della sua famiglia glielo impedì. Ottenne il diploma di avvocato nel 1923, ma la sua vita spirituale e la sua attività sociale non si erano affievolite. Il 14 agosto del 1923, quando ormai i problemi familiari erano stati risolti, entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù. A Lovanio raggiunse la sua maturità spirituale. Possedeva una irradiazione apostolica ed una attitudine a servire gli altri, fuori del comune. Ritornò in Cile nel 1936. Cominciò subito ad emergere come un apostolo della gioventù, nei giovani cercava di suscitare un contatto personale con Dio. Insisteva sulla necessità di cercare sempre la volontà di Dio, chiedendosi cosa avrebbe fatto oggi Cristo se stesse al suo posto. Una volta scoperta la Sua volotà si potrebbe affrontare la vita con gioia. Nel suo libro: “Eleccion de Carrera” dice ai giovani: “Cristo fissa il suo sguardo su ognuno di noi per farci conoscere la sua precisa volontà. Mentre ci sentiamo smarriti in mezzo a una folla di fedeli anonimi (...) non abbiamo compreso la paternità divina, nè il nostro documento di figli di Dio”. Nell’altro suo libro: “Puntos de Educacion” afferma che un giovane cristiano deve prendere in considerazione i problemi religiosi e morali: “non solo per ampliare il campo delle sue conoscenze, ma anche per il dovere di carità, che gli impone di illuminare le coscienze dei suoi fratelli e di eliminare le difficoltà che impediscono di giungere alla fede”. Con i giovani si comportò come si esigeva da un buon educatore: “deve avere un cuore caldo e aperto per sentire tutte le afflizioni e le necessità dei giovani, anche i loro dolori materiali. Il maestro insegna non con quello che dice, ma con quello che fa; non con quello che sa ma con quello che è”. Il suo lavoro assunse nuove dimensioni quando gli venne conferito l’incarico di Assessore Naziole della Gioventù di Azione Cattolica. Nel periodo in cui esercitò questo incarico, il Movimento raggiunse il massimo sviluppo di tutta la sua storia in Cile. I compiti istituzionali anche ad alto livello furono tanti. Ma una delle sue principali preoccupazioni era che i cattolici vivessero integralmente la loro fede. Nel 1941 pubblicò il libro: “Il Cile è un paese cattolico?”, dove denunciava lo scandalo della miseria morale e materiale cilena come una contraddizione della fede cristiana, che la maggior parte degli abitanti professava senza conoscerla affatto.  Profondo fu l’impatto che il libro suscitò. Apostolo delle vocazioni sacerdotali così si esprime nel libro: “Punti di educazione”: “Il sacerdote passa gran parte della sua giornata confortando, dissipando i pessimismi infecondi e seminando gioia nelle anime, spesso a prezzo della propria, e rinunciando a tutto per poter servire nel modo più generoso. La sua vita è un prolungamento di quella di Cristo. Le sue aspirazioni fondamentali sono stare ogni giorno più vicino a Dio, essere sempre più somigliante a Gesù, per dedicarsi più interamente ed efficacemente al bene dei fratelli”. Padre Hurtado è stato un apostolo sociale. Nel libro "Umanesimo Sociale" ha scritto:

 “Un cristiano veramente consapevole della sua fede non può fare a meno di chiedersi quale è la situazione dei suoi fratelli, di guardare con profonda simpatia coloro che soffrono, per impegnarsi a cercare un rimedio con tutta l'anima. Il vero cristiano dà e fa finché può".

Il suo cuore di Apostolo lo indusse a fondare, verso la fine del 1944, un focolare per ospitare i fanciulli e i ragazzi, che non avevano dove vivere, affinchè Cristo, che sta con i poveri, potesse trovare un rifugio. Lo chiamò "Hogar de Cristo". Lui stesso, nelle notti fredde, usciva e andava per le strade a invitare i fanciulli e i ragazzi. Affidò a dei laici la direzione dell'opera, riservandosi l'ufficio di Cappellano. Oggi è una delle più importanti e benefiche istituzioni dell’America Latina. Questo però non lo lasciò soddisfatto. Tutta la società è malata, quando riduce tanta gente ad uno stato di necessità. Il Beato Alberto Hurtado si propose di fare qualcosa per cambiare le strutture sociali, ispirandosi all'insegnamento della Chiesa. In tutto il magistero sociale, che raccolse nel suo libro "L'Ordine Sociale Cristiano nei documenti della Gerarchia"  (1947), riscontrò "un'identica invocazione di giustizia sociale, una identica parola stimolante ed urgente rivolta ai fedeli, per tradurre questi insegnamenti in opere che rivelino la nostra profonda comprensione della fraternità cristiana". Queste considerazioni lo spinsero a fondare, nel 1947, la Associazione Sindacale Cilena (ASICH).  La sua intenzione è garantire una formazione cristiana ai dirigenti dei lavoratori, affinché, mediante i sindacati potessero aiutare la classe operaia a diventare la protagonista del cambiamento sociale. Nel libro "Sindacalismo" sostiene che le lotte per i diritti dei lavoratori "non esauriscono la missione del sindacato; i suoi dirigenti non possono limitarsi a conquiste immediate. Con lo sguardo puntato verso un mondo nuovo, i dirigenti devono impegnansi a sostituire le attuali strutture capitaliste, promosse da un'economia liberale, con strutture orientate verso il bene comune e basate su un'economia umana". Il sindacato ha una finalità profondamente cristiana quando cerca di realizzare questo ordine nuovo. Ovviamente, vi sono anche coloro che screditano la classe operaia. "Per essi il sindacato è sinonimo di rivoluzione". Vedono il comunismo in ogni Associazione operaia "anche se è organizzata dal parroco. Con queste affermazioni semplicistiche seminano il disordine. In fondo, sono essi i più responsabili degli attuali errori del sindacalismo, sono essi, infatti, che hanno allontanato dal sindacalismo gli elementi più sani che erano riusciti ad orientarlo". "Ci sarà giustizia sociale, quando sarà il bene comune e non l’interesse personale a regolare la distribuzione dei beni”. Tacere di fronte all’ingiustizia sociale che c’è attualmente "non è una virtù ma una vigliaccheria. La rassegnazione di fronte a un dolore che si può e si deve evitare è un grave tradimento del piano di Dio, della digità dell’uomo della famiglia  e della società". Non tutti compresero ed approvarono l'impegno sociale del Padre Hurtado. Molti lo criticarono, ma la Santa Sede appoggiò i suoi progetti di lavoro e i superiori gli diedero pieno consenso e sostegno. Nel 1951 fondò “Mesaje”, una rivista di orientamento religioso, sociale e filosofico. La rivista continua ancora oggi ad accrescere il suo prestigio. Morì il 18 agosto 1952 in seguito a un cancro al pancreas. La sua agonia venne seguita da tutto il paese. Quando gli comunicarono il carattere della sua infermità, si rallegrò perché ormai era vicino il suo incontro con il Padre, e ringraziò Dio che gli dava il tempo per prepararsi. Disse: “la morte è il momento di andare da Dio, il Dio che si è cercato durante tutta la vita.” E’ l’incontro del figlio con il Padre: Allora incontreremo nostra Madre, la Vergine Maria, i santi e tutti coloro che ci hanno preceduto. Durante la vita terrena li conosciamo per sentito dire, tramite informazioni approssimative e imperfette, senza poter penetrare nell’intimo del loro cuore. Nella gloria ci vedremo senza ombre e senza incomprensioni”. Così affrontò la sua morte. (Articolo di Jaime Castellon, traduzione di Francesco Faruti, “Gesuiti” Pubblicazione della Curia Generalizia della Compagnia di Gesù 1/gennaio/1995)   E’ naturale per un prete trovarsi a fare il “sindacalista”, ed è normale per un sindacalista trovarsi a fare il “prete”. Ma per i sindacalisti e i preti che non maturano ciò che per loro è naturale (é UNO SCHIFO TROVARSI A VOLTE CON DEI MERCENARI)è tutta un’altra storia di ipocrisia e di miseria umana. SINDACALISMO E SACERDOZIO DEVONO SEMPRE CONIUGARSI CON VOCAZIONE, GRATUITà VOLONTARIATO.

 

SOCIALISMO

Tutti dobbiamo avere una vocazione sociale.

Dagli uomini politici a quelli religiosi, alle istituzioni ai privati e alle proprietà private, ecc… tutto deve avere una vocazione e una finalità sociale.

“Su chi dice questo é mio si abbatte la spada di Dio” (il complesso: “i Pooh”)

 

SOLIDARIETÀ

La società é un corpo, non può un membro svilupparsi troppo e l’altro rimanere atrofizzato.

A buon intenditore poche parole.

Solidarietà é la voce nascosta di civiltà, come un’onda che dai più vicini, poi raggiunge i più lontani.

 

SOLITUDINE

Il cancro più pericoloso è la solitudine. Quella particolare solitudine interiore che è un miscuglio di diffidenza, sospetto, paura e aggressività. L’angoscia dell’uomo contemporaneo, la sua impotenza e incapacità a comunicare è data dal non potersi fidare del prossimo, l’amicizia si è squalificata a livello di conoscenza.

Questo avviene perché anche il nostro stesso essere ci è nascosto, non riusciamo a comunicare con la nostra anima e a collaborare con essa in un atteggiamento di mutuo soccorso. Non riusciamo più a capire le esigenze del nostro spirito e ci inoltriamo in sentieri pericolosi. Si può giungere all’apice della carriera, trovarsi in una affermata situazione economica e sociale, ma si può perdere se stessi, vivendo così a denti stretti quella paura che porta alla violenza verso se stessi e verso gli altri.

Diagnosi profonda e non esplicita (visto che non manca la pratica religiosa): “l’uomo ha perso Dio”, è divenuto incapace di percepire la Sua presenza e di entrare in rapporto con Lui. Oggi 17-6-95, ho tra le mani la prima pagina della gazzetta del Mezzogiorno, un articolo riporta la allarmante denuncia dell’Arcivescovo Casale:

“Il diavolo minaccia i giovani di Foggia, un terzo di essi partecipa a sedute spiritiche”.

La nostra società diventa sempre più violenta sempre più disumana... è iniziata la grande paura, la vera solitudine esistenziale.

 

SPERANZA

Virtù dinamica e generativa.

Forza vitale che alimenta la fortezza, la tenacia, la costanza.

Certezza del conseguimento di un premio.

Il bene viene intravisto nella speranza e viene concretizzato dalla speranza.

Un bene a divezzo di esigenza che si concretizza storicamente come Lui vuole e non come noi abbiamo sognato.

 

SPEREQUAZIONE

Parola brutta come la morte e fomentatrice di guerre. Tutto il contrario di civiltà.

 

SPINOZA

Per B. Spinoza, Dio è una sostanza assoluta e infinita, con una possibilità di infiniti attributi: Dio e la natura si identificano.

SPIRITO dell’UOMO

Spirito, anima e corpo. Questa è la concezione paolina dell’unità costitutiva di ogni uomo.

 Spirito è la potenzialità di credere, sperare-disperare, amare-odiare.

Anima è costituita dalle facoltà intellettive di intelligenza volontà e memoria.

Corpo da tutti i suoi organi e funzioni fisiche.

 

SPIRITO

 

UNO SPIRITO FORTE

“Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito” (Lc. 1,80)

Il nostro spirito è in grado di crescere, purtroppo molto spesso il nostro spirito non è abbastanza forte da controllare il corpo e l’anima, o la nostra forza spirituale non è adeguata per affrontare una battaglia spirituale.

Mentre il nostro spirito si fortifica, aumenta la nostra intuizione e il nostro discernimento.

Tre elementi ostacolano la discesa dello Spirito Santo nel nostro spirito:

1-     Ostinazione della volontà;

2-     Confusione dei pensieri;

3-     Indisciplina delle nostre emozioni.

Lo spirito purtroppo può essere spezzato o ferito. Ma il nostro spirito ha bisogno di essere addestrato ed esercitato nella sua azione di combattimento e nella sua azione di collaborazione con lo Spirito Santo.

 

L’UNITÀ DELLO SPIRITO

“State fermi in uno stesso spirito” (Filippesi 1,27)

E’ indispensabile la comunione dei cristiani, per poter essere in comunione con lo Spirito Santo. L’uomo spirituale non è soltanto uno con Cristo, ma è anche uno con i cristiani. Bisogna considerare secondari i sentimenti e i pensieri per poter essere uno con Cristo e i fratelli.

1Cor. 15,45-49

Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.

Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.

Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.

Quale è l'uomo fatto di terra, cos'ì sono quelli di terra;ma quale il celeste, così anche i celesti.

E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.

 

Romani cap.6

Liberazione dal peccato

Sapendo che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, il corpo del peccato è annullato e noi non serviamo più al peccato. (Rm6,6)

Come la croce di Cristo è un fatto compiuto, cos'ì la nostra crocifissione insieme con lui è ugualmente un fatto compiuto.

Sulla croce il Signore Gesù non soltanto ha portato su di se tutti i peccati della nostra vita, ma ha anche ucciso con il suo il nostro corpo.

"Il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui"

 

La pretesa di essere giusto d'avanti a Dio è l'ultimo idolo da abbattere, diabolico orgoglio, come gli autori della nostra salvezza.

L'uomo naturale si illude di poter salvarsi

Non ci sottomettiamo alla giustizia di Dio , ma alla nostra. Questo che è il male peggiore purtroppo è anche il più diffuso.

Abramo credette a Dio e questo gli fu accreditato come giustizia.

 

Ger. 33:16

Sermone di Whitfield George

 

1- Eterno nostra giustizia. Ger. 23: 5-6

Gesù viene chiamato eterno siamo dunque certi che Egli è Dio benedetto in eterno

 

2- In che modo Gesù è la giustizia dei credenti?

La vita della creatura dipendeva e dipende dall'obbedienza. Adamo ed Eva dovevano sottostare al patto, anche dopo la caduta, Così Gesù si rese perfetto nell'obbedienza al Padre in nostro favore.

Nella giustizia menzioniamo la forma passiva cioè la sua morte e la forma attiva cioè con la sua vita, con tutta la sua vita

Rom 5 I credenti sono diventati in Cristo Giustizia di Dio

 

3- Il cuore orgoglioso e depravato ribadisce questa dottrina della  grazia, cioè la dottrina dell'imputazione della giustizia di Cristo. Chi obietta sono in genere dei falsi moralisti, con i loro scandali smentiscono la loro azione. Certo anche la giustificazione per fede può essere abusata! Questa dottrina non può condurre alla licenziosità, perchè a questa ipocrisia era già giunti i farisei, che benchè si basassero sulle opere e sulla legge erano in contrasto con il volere di Dio.

 

SPIRITO di DIO

Is 11,1-5: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse. Su di lui si poserà (stabilmente) lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore». Le quattro denominazioni dello spirito indicano i quattro venti, i quattro punti cardinali per indicare la pienezza dei doni carismatici. Lo Spirito non è descritto in sé, ma dagli effetti che produce: - sapienza e discernimento: facoltà di trattare con competenza i problemi quotidiani e  intelligenza della situazione, per prendere la giusta decisione, affinchè si abbia una retta amministrazione di se e per la debita cura e benessere del popolo. - consiglio e fortezza: capacità di elaborare progetti, vigore per porli in esecuzione, comprese le doti belliche se indispensabili, ma con applicazione pacifica non appena se ne presentano le opportunità.

- conoscenza e timore di Dio: riconoscimento del dominio supremo di Dio, obbedienza amorosa, rispetto, riverenza, amore verso Dio.

 

I DONI DELLO SPIRITO SANTO SONO:

-INTELLETTO: Comprendere sino in fondo le ricchezze della fede.

-SCIENZA: Saper riconoscere nelle creature una traccia di Dio e una via che conduce a lui.

-SAPIENZA: Cercare Dio all’interno di tutte le cose, oltre che al di sopra di tutte le cose.

-CONSIGLIO: Identificare con certezza la volontà di Dio, saper decidere secondo ciò che a lui piace.

-PIETÀ: Trattare Dio con la confidenza di un figlio verso il padre.

-FORTEZZA: Incoraggiamento a superare costantemente le difficoltà e le prove.

-TIMORE DI DIO: Evitare tutto ciò che può dispiacere a Dio, cercare di compiacerlo.

 

SPIRITUALITÀ

L'essere in sé di Dio - ci ammoniva già Bonaventura - a cui l'uomo si spinge attraverso l'autocomunicazione economica, è come il roveto ardente di Mosè: bisogna accostarvisi con riverenza e senza orgoglio, nell'umiltà di chi si dispone a ricevere un dono. La conoscenza di Dio -ci insegnano i mistici che ne hanno fatto l'esperienza- s'ottiene con lo stupore più che col furore, più con l'abbandono della contemplazione che con la geometria della speculazione. Non che l'uomo non debba tentare un discorso su Dio, anzi oggi più che mai è urgente. Dio  null'altro è che la salvezza dell'uomo. Tuttavia "quando avremo parlato, dovremo di nuovo tacere adorando, bere sorso dietro sorso il calice di una quotidianità “senza Dio”, aspettare la morte, essere grati per le gioie della vita, accettarla cioè come un destino di amore, sopportare la theologia viatoris et crucis, finché non brillerà la luce eterna. Ora vaghiamo ancora nell'incertezza, non abbiamo rifugio sicuro nemmeno nel pensiero, siamo viandanti anche nella teologia. Ma è giusto che sia così"(K. Rahner, Dottrina su Dio nella dogmatica cattolica, cit., 214). Ma di tale teoria Anselmo si libera immediatamente. Infatti,"forse si potrebbe parlare così se il diavolo o l'uomo fossero indipendenti o sudditi di qualche altro e non di Dio. Siccome invece sia il diavolo che l'uomo sono di Dio e non possono esistere che in dipendenza di lui, che cosa avrebbe dovuto fare Dio con un essere che gli apparteneva, nei riguardi di esso e in esso?  (...) L'uomo infatti aveva meritato una punizione, e nessuno poteva punirlo più convenientemente di colui a cui aveva dato il suo consenso per peccare. Il diavolo però non aveva alcun diritto di punirlo; anzi lo faceva tanto più ingiustamente in quanto non vi era spinto dall'amore della giustizia ma dall'istinto del male"(Anselmo d'Aosta, op. cit., I, 7 p.83s). Dunque "cur Deus homo?", si domanda il vescovo di Canterbury. Questi si muove nel quadro medievale di un ordo universi che l'uomo, peccando, ha stravolto, offendendo al contempo l'onore di Dio. Non però l'onore divino considerato in se stesso, che non è soggetto né ad aumento né a diminuzione, ma il suo riflesso nell'ordo universi: "Quando ogni creatura rispetta il suo ordine -quello stabilito dalla natura o dalla ragione- si dice che essa obbedisce a Dio e lo onora; e lo si dice soprattutto della natura ragionevole, alla quale è dato di capire quello di cui è in debito. E quando vuole ciò che deve, onora Dio; non perché gli dia qualcosa, ma perché spontaneamente si sottomette al suo volere e al suo comando e conserva, per quanto dipende da lei, il posto assegnatole nella universalità delle cose e nella bellezza dello stesso universo. Quando invece non vuole ciò che deve, per quanto può, disonora Dio, perché non si sottomette spontaneamente al suo comando e disturba per quanto può l'ordine e la bellezza dell'universo, sebbene in nessun modo danneggi e deturpi il potere e la dignità di Dio"(Anselmo d'Aosta, op. cit., I, 15 p.114s). Occorre dunque ripristinare l'ordine turbato, occorre prestare una soddisfazione all'onore di Dio offeso dal peccato.

In caso di mancata soddisfazione, Dio dovrebbe infliggere una pena, senza poterla peraltro condonare, ché ciò sarebbe contrario alla sua giustizia. [La sezione che segue è di esclusivo interesse dei cristiani, chi non è cristiano a questo punto, può ritenere che Dio nel suo grande amore accetti come soddisfazione tutte le sofferenze e le mortificazioni che il suo ardente fedele incontra nel mondo per testimoniare il bene e per essere coerente con esso.]

Ma essendo infinito l'onore di Dio, essendo dunque infinita anche l'offesa recata a Dio e infinita la corrispondente soddisfazione richiesta, come riuscirà a prestarla l'uomo, che è finito? L'uomo deve soddisfare, ma solo Dio lo può. Si postula perciò qualcuno che sia al contempo perfetto Dio e  perfetto uomo (Cf. Anselmo d'Aosta, op. cit., II, 7 p.174). Se così si intende la necessità dell'incarnazione, non si motiva ancora -però- la morte in croce. Il dottore medievale spiega che una vita condotta in obbedienza non sarebbe stata sufficiente, perché a ciò è tenuta ogni creatura, appunto in quanto creatura. Occorreva un quid pluris , una prestazione supererogatoria a cui Gesù non era obbligato, e che potesse ascriversi a nostro merito, per compensare col suo peso positivo - dall'altro piatto della bilancia - il peso negativo del peccato dei progenitori. Tale prestazione è la morte in croce. Gesù non vi era tenuto perché, essendo immune dal peccato, era anche immune dalla morte. Sottoponendovisi liberamente, merita dal Padre un contraccambio. E "a chi più convenientemente assegnerà [Dio] il frutto e il premio della sua morte se non a coloro per la salute dei quali [il Figlio] si è fatto uomo?" (Anselmo d'Aosta, op. cit., II, 19 p.227). L'architettura snella e serrata del disegno anselmiano è in tal modo giunta a compimento. A sant'Anselmo va ascritto anzitutto il merito di aver liquidato la inaccettabile teoria dello jus diaboli. È ammirevole la chiarezza con cui illustra la concatenazione tra le verità di fede. Va sottolineato inoltre come alla sufficienza redentiva del sacrificio del Dio-uomo egli congiunga sempre l'impegno del credente.

 

SPIRITI

Loro natura:

Senza componente corporea o materiale. Immortali, ma non per virtù propria.

Perfetti nella conoscenza e nella volontà, hanno da sempre espresso ed esplicitato la loro volontà che é immutabile.

Per questo sono buoni o cattivi, obbedienti o ribelli a Dio.

Tutti sottomessi alla permissione di Dio, tutti creature.

A nessun angelo é stata offerta la natura divina, come invece é stata offerta agli uomini.

 

SOCIALIZZAZIONE E LIBERTÀ

Si tratta di un processo di socializzazione a vantaggio di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, attraverso un'equa divisione delle risorse, la partecipazione di tutti all'elaborazione delle decisioni che concernono la collettività a tutti i livelli, la libertà perché senza di essa l'uomo soffoca come in prigione. La socializzazione senza la libertà è solo collettivismo. Inversamente la libertà senza la socializzazione è solo individualismo o anarchia. Solo la democrazia risponde ai bisogni e alle possibilità dell'umanità (Mt. 22, 37-40). Insistere solo sull'amore del prossimo come si fa troppo spesso, per incomprensione, per paura di professare la propria fede o di sconcertare l'uditore, è troncare in radice l'originalità dell'amore evangelico. E' renderlo unidimensionale, mentre è per essenza bidimensionale. La sua potenza di orizzontalità è tale solo perché è innanzitutto potenza di verticalità.

 

STATO

Dal '700 in poi lo Stato è tutto. Ciò che realizza la persona è lo stato. Quando lo Stato pretende di essere l'unica speranza al posto di Dio, l'individuo è alla mercé del potere; prigioniero della sua circonferenza. L'io è in rapporto con una X misteriosa, orizzonte infinito. E qui si origina la sua libertà. «Ogni educazione tende a che l'individuo non rimanga qualcosa di soggettivo,  ma diventi soggettivo a se stesso nello Stato: tutto ciò che l'uomo è, egli lo deve allo Stato. Solo in esso egli ha la sua essenza». (Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia)  Quasi due secoli dopo... «La qualità delle risorse umani disponibili è stata riconosciuta come fattore strategico per lo sviluppo e il mantenimento dei livelli produttivi  e occupazionali di ciascun paese>>. (Berlinguer, Progetto per il riordino dei cicli scolastici)

 

STEIN

Edith Stein: una ragazza tedesca. Nasce a Breslavia nel 1891. Muore in una camera a gas nel 1942. Ebrea di religione, professoressa di filosofia e scrittrice, cercò per lunghi anni la "verità". E la trovò finalmente in Gesù Cristo. La verità ultima sta nella Croce di Cristo. Edith vive questa croce in una serie di prove, che culminarono nella camera a gas del campo di concentramento di Ausschwitz. Edith Stein nasce il 12 ottobre 1891 a Breslavia (Slesia), da genitori ebrei di stirpe e di religione. All'età di due anni le viene a mancare il babbo ed è educata, insieme alla numerosa famiglia, dalla mamma Augusta Courant: una donna piena di coraggio, veramente esemplare per la sua osservanza religiosa; ella ha insegnato ai figli l'amore di Dio e l'austerità della vita nella ricerca del vero. Edith mostra un'intelligenza precoce; si dedica allo studio con serietà ed impegno. Dopo aver compiuto le scuole medie e superiori, si iscrive all'Università di Breslavia. Dopo un biennio, attratta dallo studio della filosofia, si trasferisce a Gottinga per frequentare le lezioni dell'insigne filosofo Edmondo Husserl: è molto benvoluta da lui, come pure da altri professori e colleghi, per le singolari doti della sua intelligenza. Allo scoppio della guerra 1914-1918 si prodiga generosamente come infermiera della Croce Rossa in un ospedale militare della Moravia. Nel 1916 segue Husserl a Friburgo di Brisgovia, si laurea con lui- summa cum laude, e a 25 anni viene da lui scelta come sua assistente, dedicandosi a seri lavori nello studio della fenomenologia e a raccogliere e riordinare gli scritti del maestro. Durante gli anni dell'appassionata ricerca filosofica Edith, pur vivendo una vita moralmente irreprensibile, sente come svanire l'interesse religioso e giunge ad una forma di ateismo pratico o piuttosto di agnosticismo. Un altro - filosofo, Adolfo Reinach, agisce in modo diverso nell'animo di Edith. Caduto questi in combattimento sul fronte delle Fiandre, la vedova di lui, Pauline chiama presso di re Edith, per essere aiutata a riordinare 1e opere del marito. La cristiana rassegnazione della signora Reinach impressiona fortemente Edith, che poi scriverà: «Mi aspettavo di trovare una creatura disperata e sconvolta; mi incontrai invece nel dolore misteriosamente trasfigurato dalla fede. Fu il primo incontro con la Croce, la mia prima esperienza della forza divina che dalla Croce emana e si comunica a quelli che l'abbracciano. Per la prima volta mi fu dato di contemplare in tutta la sua luminosa realtà la Chiesa nata dalla Passione salvatrice di Cristo». Non sapeva che Dio le stava accanto e che le guidava la mano nello scegliere un libro da leggere. Edith ebbe l'impressione di prendere un libro a caso, ma le sue mani tolsero dallo scaffale: L’autobiografia di Teresa d'Attila. Dapprima trovò la lettura interessante e la protagonista intelligente e con un forte carattere, tanto somigliante al suo; poi, a poco a poco, la personalità di Teresa, suora carmelitana, prese tutto intero l'animo di Edith che continuò a leggere per tutta la notte. Fuori era buio profondo, ma nella mente della lettrice si stava facendo una grandissima luce, si andava dipanando il groviglio dei pensieri. A leggere la vita e i problemi di Teresa d'Avila, Edith sentiva che erano i suoi stessi problemi. «La mia autobiografia non è poi tanto diversa» pensava; più leggeva e più si sentiva rapita ed affascinata. Era come parlare con Teresa, come se ascoltasse la sua voce. Quando Edith ebbe terminato il libro era l'alba. Agli amici che tornarono e la videro così sconvolta, disse: “Ho trovato finalmente la verità!”. La mattina stessa andò in città a comperare un messalino di preghiere e un catechismo. Voleva vedere in che modo la dottrina del cattolicesimo era vissuta nella preghiera. La sua conversione era praticamente avvenuta, ma Edith Stein non era partita da zero, non era partita dall'assenza di Dio; non era vissuta fino allora nel deserto spirituale di chi vive senza domandarsi il perché. Tutta la sua vita, fino a quel momento, era stata una preparazione all'incontro con Dio. Ciò che aveva letto, studiato, scritto, commentato, tutta la sua cultura faceva ora da supporto alla fede. Andò in chiesa, ascoltò la santa messa, poi si presentò al sacerdote per essere battezzata subito. Per otto anni insegnò lingua e letteratura tedesca presso l'Istituto Magistrale delle Domenicane di Spira. Svolse un largo apostolato nel mondo culturale, tenendo conferenze e partecipando a convegni scientifici in varie città, anche fuori della Germania. Nel 1932 ebbe la nomina di insegnante presso l'istituto superiore tedesco di pedagogia scientifica, a Mùnster. Tra i problemi che più attirarono la sua attenzione ci furono quelli relativi alla dignità e alla missione della donna. Con l'ascesa di A. Hitler al potere e con le leggi di persecuzione contro gli ebrei, Edith dové cessare l'insegnamento. Ella approfitta della circostanza per realizzare l'ardente desiderio nato in lei fin dal giorno della Sua conversione: consacrarsi a Dio nel Carmelo. L’infuriare delle persecuzioni antiebraiche suggerirono l’opportunità di un trasferimento di Edith all'estero, tanto più che ella decisamente si opponeva all'aberrante ideologia nazionalsocialista. Così alla fine del 1938 si rifugiò in Olanda, accolta fraternamente nel Carmelo di Echt, con la sorella Rosa, anche lei convertita e battezzata dopo la morte della mamma... Catturate furono inviate alle lugubri paludi della Slesia, ad Auschwitz. Così, ignari, s'avviarono al treno della morte. Il     filo di speranza che legava suor Benedetta alla Svizzera fu brutalmente spezzato dagli ordini secchi e malevoli: “Su, svelti, in marcia, al treno!”. Il processo di Norimberga ha fatto luce sui viaggi della morte, anche su quello delle sorelle Stein. Il loro nome era scritto nella lista di trasporto per Auschwitz-Birkenau del 7 agosto 1942. Il treno arrivò il 9 agosto, dopo due giorni di viaggio nei vagoni piombati. In quel treno viaggiavano, tra uomini, donne e bambini, 987 persone. In ogni vagone-bestiame, infatti, venivano stipati dai cinquanta agli ottanta deportati. Ogni convoglio aveva circa venti vagoni. I prigionieri dovevano cercare una qualsiasi sistemazione per non dover restare in piedi giorno e notte. Ogni uscita era piombata, nessuna comunicazione con l'esterno era consentita; pure, per le fessure, riusciva a passare qualche biglietto vergato anche col sangue. La sofferenza più atroce per i deportati era la sete e la necessità di soddisfare là, tra gli altri, i propri bisogni corporali. Non è difficile immaginare quale umiliazione patirono le sorelle Stein. La paglia imbevuta di escrementi diventava, specie con il caldo (e si era in agosto) nauseabonda e mefitica. Mancava il respiro; alle grida e alle suppliche dei prigionieri non rispondeva nessuno; tutt'al più un colpo alla parete del vagone e un secco comando di «Silenzio! » ricordava ai reclusi che ogni disobbedienza portava al peggioramento della loro situazione. Molti, specie se già deboli e sofferenti, morivano in treno prima ancora di giungere al campo di sterminio. I morti continuavano a viaggiare con i vivi, nonostante le proteste dei superstiti. Quale sarà stato lo spirito di suor Benedetta? Quali pensieri l'avranno agitata in quelle interminabili quarantotto ore di vagone piombato? E che cosa non sarà passato per la sua mente quando capì che il treno s'era fermato a Breslavia? La sua città, la sua terra, la tomba di suo padre e di sua madre erano là, vicinissimi. Edith non era una donna qualunque; era ben conosciuta per i suoi scritti e per le sue conferenze in Germania, Polonia, Austria e Svizzera. Non per nulla i giornali avevano pubblicato la notizia della sua vestizione religiosa. Lì sul treno fece certamente appello al suo coraggio, rivolse la parola ai suoi compagni di prigionia, domandò, s'informò, incoraggio, prego, non lasciò nulla d'intentato. Alla fermata di Schifferstadt avvenne il miracolo: s'aprirono le porte e fu dato un pasto ai prigionieri. Mossa dal coraggio della disperazione, Edith si fece largo tra i compagni di viaggio e cercò qualcuno che potesse aiutarla. Non c'erano che soldati e ufficiali delle SS. L'unica persona che vide fu il capostazione. Lo chiamò con cenni e con grida, e poiché egli sembrava non vedere nè sentire, «quella signora vestita di scuro» (sarà lui a testimoniare l'episodio)  saltò giù dal vagone per farsi notare. Appena il capostazione le andò vicino, lei fece appello a tutte le sue capacità persuasive: “La supplico, porti il mio messaggio al decano Schwindt, si ricordi questo nome, gli dica che Edith Stein gli manda i suoi saluti, che lei l'ha vista sul treno in viaggio per l'est... glielo dica, la supplico e ricordi il mio nome: Edith Stein in viaggio per l'est... Un soldato s'accorse di lei e la spinse con forza sul treno, ma lei continuò a gridare il suo messaggio. «Se il capostazione mi aiuterà, il decano capirà che cosa vuol dire in viaggio verso l’est e mi salverà».

IL MOMENTO DELLA CROCE

Dopo due giorni di questi tormenti il treno si fermò. Le pone piombate furono aperte, entrò l'aria come in balsamo ristoratore. I deportati scesero dal vagone e le gambe rattrappite poterono sgranchirsi con qualche passo sul marciapiede. Solo liberarsi dal tanfo fu un sollievo. Edith, siamo salve! - gridò Rosa con il volto trasfigurato dalla Speranza. Tutti i deportati rimasti vivi scesero dal treno, ma ben pochi si salvarono dalla morte che li attendeva. Tra questi ci furono tre testimoni i quali, pure non  ricordando suor Benedetta di persona, concordano nei particolari dell'arrivo ad Auschwitz-Birkenau. I tre testimoni sono: Joseph van Rijk, Jesaja Veffer e Maurice Schellekes. Il loro racconto è quasi identico, sicché lo riferiamo come se parlasse uno solo dei tre: «Appena scesi dal treno udimmo il ringhio dei cani al guinzaglio; erano tenuti da soldati delle SS. Un ufficiale e un medico ci ordinarono di metterci in fila così ci smistarono. Gli uomini sani e robusti (io ero tra questi) furono tolti dalla fila e raggruppati. Eravamo centosessantacinque. Per prima cosa ci fecero togliere dai vagoni la paglia con gli escrementi. Non c'era soltanto paglia, c'erano anche cadaveri. Ci ordinarono di portarli via e di ammassarli su certi carri che attendevano lì alla stazione. «Furono smistate anche le donne: quelle giovani e valide furono raggruppate non lontano da noi; invece i bambini e le donne anziane, coloro che non erano più in grado di lavorare, furono fatti salire sugli autocarri. “C'era un piccolo gruppo di suore sul marciapiede [tra esse è indubbio che ci fossero le sorelle Stein]e le ho viste risalire sull'autocarro. “Soltanto al campo, quando vi giunsi, mi dissero che i prigionieri che venivano fatti risalire sugli autocarri   erano quelli destinati alle camere a gas.  “Io fui tra gli adibiti allo sgombero dei cadaveri delle camere a gas; dovevamo lavarli con un getto d'acqua a pompa, tosare i loro capelli, gettarli nella fossa comune e ricoprirli di terra e calce viva: questo avvenne fino a che non furono allestiti i forni crematori. Allora dovemmo trasportare là i cadaveri con le carriole”. Essi raccontano, e il processo di Norimberga lo conferma, come avvennero i fatti e con quale psicologia criminale, con quali discorsi bene architettati le SS persuasero i prigionieri all'obbedienza. Essi erano appena scesi dal treno, inebetiti dalla stanchezza, sonno, fame, sete e spavento; erano allineati in fila, guardati dai cani mastini ringhianti e da ufficiali delle SS; nessuna possibilità non solo di reagire, ma nemmeno di emettere una sillaba. Un ufficiale dall'aria accattivante li rassicurò con queste parole: - Vi annuncio che siete arrivati a destinazione. Questo è un campo di lavoro dove uomini e donne in buone condizioni di salute eseguiranno i lavori ai quali sono abituati. Edith e Rosa si guardarono con una luce di speranza negli occhi: il lavoro non le spaventava. L'ufficiale continuò: - I vecchi, le persone deboli, le donne incinte e i bambini saranno trasportati in un campo vicino dove potranno eseguire lavori più leggeri e riposarsi. Con quale malvagia lusinga l'ufficiale rinsaldava la speranza dei più disgraziati! Potrete riposarvi! E con quale perfidia evitò lo strazio degli addii quando disse: - I membri della famiglia che, in base alle loro capacità saranno separati per ragioni di lavoro, potranno ritrovarsi e riunirsi la sera. (Quella stessa sera, invece, ai padri o ai fratelli che cercavano la famiglia fu seccamente risposto: «Non c'è nessuno!»).

L'ufficiale continuò:

- Gli uomini e le donne addetti a lavori più pesanti si recheranno a piedi nelle baracche dove sono sistemate le docce. Coloro che non se la sentono di fare a piedi dieci chilometri (c'erano invece soltanto cinquecento metri da percorrere) saranno trasportati con gli autocarri all'edificio delle docce [non disse: «baracche», disse: «edificio»]. I tre deportati che abbiamo nominato; Josep, Jesaja e Maurice testimoniarono infatti che essi andarono a piedi e che non c'erano più di cinquecento metri di distanza; e videro il gruppo di donne e di suore salire sugli autocarri. Più tardi uno dei nostri tre testimoni chiese ad un ufficiale delle SS il perché di questo inganno e gli fu risposto: - Un prigioniero che appena sceso dal treno non è in grado di fare dieci chilometri a piedi, è uno che non ci serve. Edith e Rosa non coprirono a piedi quella distanza, ma furono viste salire sugli autocarri; forse vollero rimanere con le donne più deboli e con i bambini nell'intento di aiutarli; forse non fu offerta loro nessuna possibilità di scelta anche se erano sane e capaci di lavorare; forse fu lo stesso abito religioso a far decidere le SS per la loro eliminazione. Fatto sta che le due sorelle Stein salirono su quegli autocarri nella convinzione che fosse l'ultimo tratto di viaggio. Non si sbagliavano: il loro viaggio era alla fine. Furono unite ad un gruppo di donne e di bambini e sospinte brutalmente verso il famoso edificio, cosiddetto delle «docce e delle disinfezioni». Le mamme si tenevano stretti i bambini, ma all'improvviso piombarono su di loro dei soldati delle SS e glieli strapparono. Esse reagirono, protestarono, si tennero stretti i figli ma furono sopraffatte dalle bastonate. Disperatamente gridarono chiamando aiuto, ma nessuno poteva udire le loro grida, perché il secondo scaglione di vittime attendeva dietro un gruppo di edifici e non era in grado di sentire nulla. Staccate dai loro bambini, le donne vennero sospinte a calci e a pugni dentro l'edificio. E qui iniziò il «rito» della morte. Un «direttore» dei bagni le stava attendendo con il sorriso rassicurante:

-Siete qui per una semplice doccia ed una disinfezione quanto mai essenziale in un campo come questo. Spogliatevi di ogni indumento, deponete su questo tavolo orologi, denaro, valori. I vestiti vanno appesi ai ganci, leggete con attenzione i cartelli.

Le condannate lessero l'avvertimento ripetuto in sei lingue, un avvertimento quanto mai cortese e civile che diceva così: «Se volete riavere i vostri effetti personali per favore [quanto sottile era la crudeltà degli aguzzini!] ricordate il numero del vostro gancio». Anche Edith e Rosa obbedirono: si spogliarono delle vesti religiose e fissarono con attenzione il numero del loro gancio, per memorizzarlo. Andarono, umiliate nella loro nudità, al tavolo del «direttore dei bagni» e ricevettero un asciugamano e un sapone. Poi entrarono, seguendo l'indicazione di una freccia dipinta sulla parete, in una stanza strana, lunga e stretta, dov'erano sistemate le docce. I tubi scorrevano sotto il soffitto. Ogni reclusa si sistemò sotto il presumibile getto di una doccia. Quando furono entrate tutte (il numero era controllato in partenza) le porte metalliche si chiusero con un tonfo sordo:

- Edith, ci chiudono dentro, perché? - Non lo so!

Così dicendo, Edith sentì l'animo lacerarsi di pena; avverti che il momento supremo della croce era arrivato, che là dentro erano rimaste solamente le donne, che il «direttore» era sparito. Pregò Dio che l'aiutasse con le stesse parole di Cristo: «Allontana da me questo calice amaro, ma sia fatta la tua volontà!». Dopo qualche minuto di angosciante attesa le donne udirono all'esterno un comando secco. I soldati addetti al massacro sollevarono delle leve fissate a terra in botole di cemento. All'interno della stanza delle docce, invece dell'acqua, cominciò ad entrare il gas. Edith s'accorse subito dell'inganno ed abbracciò Rosa ancora incredula. Non c'era scampo. Chi più disperatamente lottava contro la morte accelerava la sua fine. Suor Benedetta pregò: «In perfetta sottomissione alla tua santissima volontà, accetto questa croce». L'agonia durò circa venti minuti, tempo massimo concesso per morire, poi il getto di gas cessò. Un altro comando secco e le porte blindate si aprirono. I soldati, con il volto coperto di maschere antigas, entrarono muniti di pompe elettriche e pomparono l'aria velenosa. Poi i Sonderkommandos (i prigionieri incaricati di estrarre le vittime) con ganci e lacci speciali che si possono ancor oggi vedere ad Auschwitz, staccarono i cadaveri abbracciati nell'ultimo addio della morte. Una volta staccati, cercarono nelle bocche dei cadaveri le capsule e i denti d'oro e li strapparono; ispezionarono accuratamente e raccolsero anelli e catenine non tolti. I prigionieri addetti, muniti di rasoi, tosarono i capelli delle donne, misero i loro corpi sui montacarichi, li portarono alla fossa comune e ve li gettarono dentro, poi ricoprirono la fossa con calce viva e terra (nel 1942 i forni crematori non erano ancora installati) . Edith e Rosa sparirono, corpi nudi ed anonimi, in questa macabra fossa. Avevano portato fino in fondo, con consapevolezza, la croce accettata per amore di Cristo. (Edith Stein “Dalla Cattedra al Lager” a cura della: Missione Cattolica Italiana di Gummersbach bibliografia: Marina Vittoria Borghese -Edith Stein- Ed. Messaggero Padova // Silvana Egidi, in MADRE DI DIO - 1987) In realtà alla filosofia della morte si contrappone solo la metafisica, la fondazione di un umanesimo eroico e spirituale fondato sui valori assoluti, universali e trascendenti. Finché questo non sarà, su tutto il pianeta saremo sempre in pericolo.

 

STRADE

Le strade siano curate e sicure.

Ho visto sfondare la strada tante volte per quante infrastrutture vi sono state interrare.

Che enorme spesa per la collettività e che disagio per i cittadini!

 

STRESS

Non bisogna mettere i cittadini in condizione di stress:

Il lavoro lontano da casa,

la burocrazia asfissiante,

il problema della criminalità e della sicurezza.

la giustizia sociale.

Lo stress priva i cittadini di risorse psichiche e spirituali.

E’ difficile che io vada sottostress, anche se lavoro continuamente eccetto le ore del sonno a motivo della mia spiritualità.

 

STUPRATA

“La nostra bambina è stata violentata a scuola. Durante la ricreazione due ragazzini di otto anni la hanno trascinata in bagno tappandole la bocca, le hanno tolto le mutandine e la hanno ferita con le mani e con un bastone”.

I bambini (carnefici o vittime) non devono sentirsi abbandonati a se stessi: ci vuole più impegno che in passato per guidarli (Luciano Nigro, la Repubblica, 2 marzo 1998, p.15). Grazie televisione, grazie società.

La vostra civiltà é una vergogna! Fate spazio ad una società metafisica e umanistica!

 

SUBLIMINALE

Quando la televisione non era in tutte le case, ed i nostri nonni si recavano al cinema, la Coca Cola usava il linguaggio subliminale. Questo consisteva nell'introdurre nella pellicola del film, ogni tanto, una immagine della bottiglia della Coca Cola.

Una sola immagine senza sequenze non è percepibile dalla parte conscia del cervello, ma solo da quella inconscia, da qui il termine sub - liminale, ovvero sotto la soglia della coscienza. Risultato? All'intervallo del primo tempo vi era un evidente aumento di consumo di Coca Cola. Questi criminali del subconscio -a cui nessuno ha il diritto di accedere- da allora ne hanno fatti di progressi.

Basta vedere i bambini che sembrano diventati dei cartoni animati, i giovani e gli adulti in uno stato di stordimento e di ottusità riguardo ai valori spirituali ed agli ideali eroici.

Le multinazionali hanno l'interesse economico ad abbassare il livello culturale-spirituale, ovvero le capacità critiche della società mondiale. Uomini privati della volontà, credono di poter volere quello che pensano, quello che fanno e quello che comprano, "consumati, consumano". I film di terrore hanno messaggi che al 80% vanno sotto la soglia della coscienza, per il potere ipnotico che l'immagine possiede. L'immane infatti non è mai la rappresentazione della cosa, ma la cosa rappresentata. Il potere del regista, o di chi sta dietro una macchina da ripresa è immenso. Quanti sono consapevoli che nell'uomo vi sono tre coscienze, tre identità, tre sensibilità indipendenti? Il "bambino" bellissimo dei sentimenti, che noi eravamo a 4 anni - quel bambino non è cresciuto diventando me, ma è semplicemente nascosto dentro di me.

La componente razionale. Il "genitore", ovvero atteggiamenti istintivi,  ovvero la registrazione di reazioni e comportamenti di adulti da noi amati, in situazioni dubbie, equivoche o di pericolo. A questa  componente razionale si aggiunge l'irrazionale del sub-conscio e dell'in-conscio. Quando vedo un film di terrore quel bambino bellissimo di 4 anni, deputato alla compassione, all'amore si terrorizza fino a rinchiudersi in se stesso ed a rifiutare il mondo esterno proprio come avviene con i bambini fortemente traumatizzati. Avete mai visto una trasmissione televisiva portata avanti con criteri scientifici sui messaggi subliminali? Bene non la vedrete mai! E se a questa trasmissione "scandalo", non segue una presa di posizione di tutti gli organi di informazione non servirà a nulla. Altre immagini, una scorpacciata di immagini si susseguono nella mente impedendo di operare una sintesi concettuale ed esperienziale.

Ecco l'uomo istintivo e superficiale, l'uomo materialista e qualunquista.

Se l'immagine come il chicco di grano non ha il tempo di maturare e di scendere a livelli di profondità, questa immagine risulta sempre devastante.

E' indispensabile il digiuno televisivo. Democraticamente il lunedì la famiglia deve mettersi intorno al tavolo e deve segnare i programmi che andranno visti durante la settimana, scrivendoli magari su una lavagnetta, dove onestamente andranno segnate anche le infrazioni commesse.

Bisogna attenersi rigorosissimamente ai programmi liberamente concordati. La TV è uno strumento troppo potente ed influente sulla nostra psiche perché possiamo considerarlo un elettrodomestico. La Tv ha il potere di svuotarci l'anima, di privarci di quello è tipicamente umano, della parte più nobile dell'interiorità. Inviti occulti alla droga, al suicidio, al satanismo, alla lussuria sono il terreno minato di quando si spinge il pulsante del telecomando.

 

SUCCESSIONI

Dopo una vita di sacrifici e di tasse si deve regalare allo Stato ancora?

Credo proprio di no!

Paghino pure le successioni i ricchi, la cui ricchezza deve presumersi ottenuta con quelle condizioni favorevoli che i poveri non hanno potuto avere.

 

SUSSIDIARIETÀ E SOLIDARIETÀ

La comunità politica non deve sostituirsi alle persone e ai gruppi, ma deve venire in loro aiuto solo quando questi sono in difficoltà, in particolare per non abbandonare alla logica stritolante e selvaggia del più forte i più deboli. Giustizia ed amore devono pervadere le relazioni umane, economiche, sociali e statali. Da queste premesse è facile dedurre come devono essere eliminati gli squilibri fra nord e sud nel mondo, infatti l'esigenza della pace passa attraverso uno sviluppo integrale e attraverso i diritti umani goduti realmente da tutti gli uomini. Si constata la crescente interdipendenza tra i popoli e si afferma che "tutti siamo responsabili nei confronti di tutti", senza discriminazioni. In quest’ottica l’ecologia e una questione di sopravvivenza e di qualità della vita. Il rispetto della natura e anche rispetto per l’uomo.

 

SUPERSTIZIONE

Stupida, cretina, ignorante.

Malefica perché sottomette al male chi in lei crede.

Ecco una dimostrazione del potere dello spirito:

Il gatto nero che ti attraversa la strada non ha alcun influsso negativo sul piano oggettivo, ma se tu sei superstizioso, soggettivamente con le facoltà del tuo spirito stai generando un maleficio.

Ecco una dimostrazione dello spirito dell’uomo.