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Lezioni
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La via
dei simboli
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Nuove
sostanze L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura |
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Autoritratto.digitale
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Approfondimenti | 1. 2. 3. | |
Critica Peter Zumthor |
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Logo caad 2003 |
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Eisenman la fine della fine
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Gehry liquefare
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La via dei simboli |
commento |
Una domanda che vuole essere non una provocazione ne tantomeno sminuire il valore delle opere che costituiscono il filo conduttore della tesi della riscoperta del monumento. Mi chiedo, non entra in discussione anche il contesto particolare in cui le opere sorgono? Non parlo di rapporto con il luogo o con lo spazio esterno, piuttosto del valore, dell'immagine che nella nostra testa hanno l'Australia o Bilbao. Voglio dire che la rappresentatività delle opere di Utzon e Ghery sta forse anche, e non soprattutto!, nella scarsa forza che questi luoghi avevano per noi, privi di segni forti fino a quel momento. E' l'altra faccia del meccanismo che porta ad essere "monumento" ogni cosa che si costruisce a Parigi, per "competizione", o che nega d'essere "monumento" a Roma, per paragonabilità. Parigi è la città in cui le pensiline degli autobus commissionate a Foster si fanno monumento all'attesa, ed ogni episodio architettonico diventa un unicum pubblicizzato e mostrato e portato ad esempio di rappresentatività della comunità o almeno di una sua parte. Come non considerare La grande arche de la Défense un monumento tesa com'è ad indicare il futuro? E la curvatura leggera dell'edificio rispetto all'asse Louvre-Concorde-Place de l'étoile, si prende gioco in qualche modo dell'intento celebrativo della committenza, allontanandosi dalla celebrazione e avvicinandosi al simbolo, il simbolo di un cammino potenzialmente infinito che aspetta solo un nuovo punto cardine per proseguire.
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Nuove sostanze |
commento |
Mi sembra di notare un parallelismo con - le sette invarianti, o anti.regole o principi - individuate da Bruno Zevi per decodificare l'architettura moderna e per contrasto anche quella antica. "Metodo di lettura. E' complesso e coinvolgente, perchè riguarda non soltanto il saper vedere l'architettura, ma anche il saper vivere e giudicare la propria casa, i luoghi di lavoro, il quartiere, la città.".
Possiamo provare a far rientrare le NUOVE SOSTANZE che stanno affermandosi sulla scia del rinnovamento dell'architettura in queste categorie.
dell'urbanscape |
continuità tra edificio, città, paesaggio, territorio. L'edificio non è più autosufficiente, ma concepito in relazione alla città, definita da Zevi un "work in progress", un non-finito michelangiolesco. O rileggendo il concetto nella chiave della terminologia della rivoluzione informatica, una scheda madre a cui aggiungere nuovo software -gli edifici- o ampliarne l'hardware -la struttura urbana-. |
del paesaggio |
In questo caso il richiamo a Zevi va alle sue riflessioni sul paesaggio, secondo un ottica anomala, antinaturalistica, "con la testa tra le gambe". Insomma anti romantica. Forzando il raffronto, la "bellezza" dei formalismi nati dalle nuove scoperte scientifiche, dal DNA alla vita biologica minima, è forse vicina al "bello viscerale" a cui Zevi accosta il vero "bello di natura".
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della comunicazione |
Entrano in gioco le categorie più direttamente legate al risultato architettonico asimmetria e dissonanza, tridimensionalità antiprospettica, scomposizione quadridimensionale, principi secondo cui è ancora possibile descrivere la contemporaneità, ma reinterpretati, forzati e utilizzati nel fluire di quella "narrazione" di cui l'architettura si fa nuovo veicolo.
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dell'iper funzionalità |
Elenco dei contenuti e delle funzioni. "Chiunque progetti trascurando l'approfondimento dei contenuti e delle funzioni, sulla base di una SERIALITA' gratuita e appiattente, è estraneo.....all'architettura tout court" Zevi prende le distanze da uno dei concetti chiave figlio della rivoluzione industriale, la serialità appunto, concetto superato dall'informatizzazione della società.
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dello spazio sistema |
spazi temporalizzati E' uno dei concetti più poetici di Zevi, più umanistici, ponendo lo spazio al centro dell'architettura, la sua importanza deriva dalla sua fruizione, cioè dall'uomo, ma la compressione, dilatazione, esplosione dello spazio verso l'esterno che Zevi trovava ed amava in Wright, è quella stessa fluidità con cui "la vita interna si travasa con naturalezza in quella esterna".
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della rivoluzione informatica. Riguardo l'ultimo paragrafo del testo, una piccola riflessione personale:
".....Le 'brown areas' o aree dismesse, rappresentano un campo fondamentale di opportunità e non deve stupire che esista una ricerca estetica ad esse congruente e conseguente. Una ricerca che si basa sulle caratteristiche di vitalità di questi nuovi luoghi contemporanei. Che li trasforma, come ha sempre fatto la vera architettura, in nuovo sentire estetico e che prefiguri e immagini una città diversa....."
Un commento a proposito della ricerca estetica sulle aree dismesse e simbolo in un certo senso del "contemporaneo": questa ricerca estetica aggiunge un tassello al parallelismo tra i processi della rivoluzione industriale e della rivoluzione informatica. Rappresenta cioè, assulutamente "contemporaneizzato" e ricontestualizzato, quel gusto per il decadente, per la decadenza di una società che volge al termine. Il piacere estetico dello spreco e l'abbrutimento, residui di un intendere la vita collettiva in modo diverso. La celebrazione di una fine.
"Je suis l'Empire
à la fin de la décadence, Qui regarde passer les grands Barbares blancs En composant des acrostiches indolents D'un styl d'or où la langueur du soleil danse." P. Verlaine |
"Sono l'Impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi bianchi barbari componendo acrostici indolenti in uno stile dorato in cui danza il languore del sole." |
E in una fantasiosa e immaginaria biografia di Ghery potremmo immaginarlo nel progettare quelle lame che riflettono il sole di Bilbao, mentre guarda passare macchine e moto e barche e aerei e carrarmati e camion e gente in quel "ganglio caotico tra ferrovia, fiume, ponte, banchine".
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Per concludere una carrelata di domande provocatorie sulle condizioni della città contemporanea, tratte da |
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Bordeaux2001 |
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Au fond de l'Inconnu pour trouver le nouveau!
On 20-03-2003 13:22, -marco- marcolivieri@hotmail.com wrote:
a proposito della lunga crisi dell'800
volevo condividere questa poesia di
Charles Baudelaire
Rêve parisien tratta da
les fleurs du mal (prima edizione 1857)
Leonardo Benevolo cita questa poesia ne la città nella storia d'europa
(laterza, 1993) : "baudelaire
cerca una via d'uscita dallo
spleen della città presente verso il passato, attraverso la memoria individuale,
o verso il futuro, attraverso il meccanismo ancora più fragile del sogno. Nel
Rêve parisien l'estraniamento
è così acuto che sembra cogliere [.....]
un frammento di futuro..."
E in effetti non ha forse Baudelaire indicato la strada da seguire?
"Au fond de l'Inconnu pour trouver le nouveau! " -in fondo all'Ignoto per trovarvi il nuovo!-
C II
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C II
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A Const II |
antin Guys II |
Ancora stamane mi rapisce
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De ce terrible paysage, Tel que jamais mortel n'en vit, Ce matin encore l'image, Vague et lointaine, me ravit. |
Il sonno è pieno di miracoli!
Per un strano capriccio , avevo escluso da certe visioni l'irregolare vegetale; |
Le sommeil est plein de miracles! Par un caprice singulier J'avais banni de ces spectacles Le végétal irrégulier, |
ed io, pittore fiero del mio genio,
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Et, peintre fier de mon génie, Je savourais dans mon tableau L'enivrante monotonie Du métal, du marbre et de l'eau. |
Che Babele d'arcate
e di scalee! Che palazzo infinito pieno di fontane e di cascate su un oro opaco e brunito; |
Babel d'escaliers
et d'arcades, C'était un palais infini Plein de bassins et de cascades Tombant dans l'or mat ou bruni; |
E che pesanti cateratte, |
Et des cataractes pesantes, |
Non alberi, ma colonne |
Non d'arbres,
mais de colonnades |
Distese azzurre d'acqua,
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Des nappes d'eau
s'épanchaient, bleues, |
Erano pietre inaudite |
C'étaient
des pierres inouïes |
Nel firmamento, |
Insouciants et taciturnes, |
Ed io, architetto delle mie fantasie, |
Architecte de mes féeries, |
e tutto, anche il colore nero,
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Et tout, même la couleur noire, |
Altrove nulla, neanche in fondo al
cielo |
Nul astre d'ailleurs,
nuls vestiges |
E su quelle meraviglie mobili
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Et sur ces mouvantes merveilles |
II
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II |
Ho riaperto gli occhi pieni di fiamme e ho visto l'orrore nella mia stamberga; sono rientrato in me stesso ed ho sentito la spina degli affanni maledetti. |
En rouvrant mes yeux pleins de flamme J'ai vu l'horreur de mon taudis, Et senti, rentrant dans mon âme, La pointe des soucis maudits; |
La pendola dal rintocco funebre
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La pendule aux accents funèbres |
JORGE OTEIZA
Nacque a Orio (Guipùzcoa), nel 1908. Avvolto costantemente dalle polemiche a causa selle sue idee radicali, scrisse tra il 1956 ed il 1957 il libro Proposito sperimentale, in cui rese pubblica la sua teoria sugli esperimenti con il vuoto e lo ’’svuotamento spaziale’’. L’inizio del suo percorso artistico risale al 1935, anno in cui produce una sere di opere create con oggetti trovati per caso. Verso il 1950 manifesta l’influenza di Henry Moore nelle forme solide e vuote all’interno. Durante gli ultimi anni , applicando le sue teorie spaziali, le sue opere propendono verso il costruttivismo sperimentale.
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Margit Rowell dice, a proposito delle scatole metafisiche di Oteiza: ’’Il motivo centrale e il più famoso dell’opera di Oteiza è quello dello ’svuotamento’ del cubo. Queste opere, concepite e costruite sugli stessi fondamenti matematici e metafisici, sono la sintesi di tutti i suoi esperimenti precedenti. Le ’scatole vuote’ e le ’scatole metafisiche’ , che da un punto di vista formale sono le versioni più semplici di questo motivo, sono anche le più esemplificative. Queste scatole, semplici oggetti con quattro lati, non rivelano nessuna intenzione da parte dell’artista di creare forme ’originali’ o ’espressive’. Tuttavia, nonostante il dichiarato proposito di voler esprimere leggi universali, queste opere, nelle loro molteplici versioni, non sono neutrali, né anonime né impersonali’’.
’museo nacional centro de arte reina sofìa la collezione permanente’ Aldeasa 2003 |
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ne cache pas l’opposé
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don’t hide the opposite
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