Una
stanza tutta per sé e cinquecento sterline annue di rendita sono le condizioni
minime necessarie per la donna che scrive. A questa conclusione così precisa
ma inconfutabile approda il viaggio di Virginia Woolf sulle tracce del rapporto
delle donne con la scrittura: un viaggio nella storia e nelle parole, fatto
di immagini e suggestioni, echi e rimandi che, come un filo di Arianna da tenere
saldamente in mano, ci portano là dove Virginia aveva già deciso
di portarci. Racconto nel racconto, la signora Seton,
Judith Shakespeare, Chloe
e Olivia ci accompagnano in questo girovagare di epoca in epoca dando voce
a ciò che non è mai stato detto dalle donne, il non scritto femminile,
il corpo del silenzio. Virginia parte da una constatazione semplice ma inconfutabile:
le donne sono sempre state povere. Di soldi e di parole. Lo specchio
magico e delizioso in cui l'uomo si è riflesso, ingrandito, raddoppiato,
consolato. Senza rappresentazione reale, splendenti nel non-luogo
della poesia maschile quanto maltrattate nella vita reale, sono state relegate
e rinchiuse nelle stanze di tutte le case,
di tutte le epoche. Senza voce per significare e significarsi.
Virginia chiede che la stanza, prigione e sepolcro, diventi possesso, diritto;
che la donna espropriata del corpo e del nome, se ne riappropri grazie al denaro,
ossia all'uso e al dominio tecnico degli strumenti e dei simboli dell'economia
maschile: non per entrare nell'ordine dell'uomo, ma per dichiarare la sua identità,
rendere pubblica la sua parola rimasta a lungo segreta, lettera, diario, pagina
di romanzo scritta dietro la carta assorbente, il paravento, la porta chiusa....
"Perché io credo che se viviamo ancora un altro secolo -
parlo della vita comune, che è la vera vita, e non delle piccole vite
isolate che ognuno di noi vive come individuo - e riusciamo ad avere cinquecento
sterline l'anno, ognuna di noi, e una stanza propria; se abbiamo l'abitudine
della libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo;
se usciamo un attimo dalla stanza comune di soggiorno e vediamo gli esseri umani
non sempre in relazione l'uno con l'altro bensì in relazione con la realtà;
e anche il cielo e gli alberi o ciò che si voglia; se guardiamo oltre
lo spauracchio di Milton, poiché nessun essere umano ci può togliere
la visuale; se guardiamo in faccia il fatto, poiché si tratta di un fatto,
che non c'è un solo braccio al quale appoggiarsi ma che dobbiamo fare
la nostra strada da sole e che dobbiamo essere in relazione con il mondo della
realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora
si presenterà finalmente l'opportunità, e quella poetessa morta,
che era sorella di Shakespeare ritornerà al corpo del quale tante volte
ormai ha dovuto spogliarsi. Attingendo la sua vita dalla vita di quelle sconosciute
che l'hanno preceduta, come prima di lei fece suo fratello, nascerà la
poetessa. La possibilità tuttavia che ella possa nascere senza quella
preparazione, senza quello sforzo da parte vostra, senza quella decisione che
ci vuole perché una volta rinata ella possa vivere e scrivere il suo
poema, è comunque da scartarsi, poiché ciò sarebbe assolutamente
impossibile. Ma io sostengo che ella arriverà, se lavoriamo per lei;
e che lavorare così, sia pur nella povertà e nell'oscurità,
vale la pena."