Saba

Umberto (Gorizia 1883 - Trieste 1957). Di origine ebraica, rifiutò il cognome del padre -che lo aveva abbandonato - e assunse, in omaggio alla madre, il cognome di Saba ("pane" in ebraico). Fu soldato nella prima guerra mondiale, ma non fu inviato al fronte. Dopo la guerra aprì una libreria antiquaria. Amava D'Annunzio, ma fu molto deluso dopo una visita personale al "poeta vate". I suoi testi furono rifiutati da La Voce e Slataper stroncò il saggio "Quel che resta da fare ai poeti" (1912). "Il canzoniere" (1921) raccoglie tutta la sua produzione poetica di vent'anni. Perseguitato dal fascismo (leggi razziali), ebbe anche forti crisi nervose che dovette curare con intense sedute psicoanalitiche. Rifugiato Parigi fu protetto da Montale e da altri intellettuali antifascisti. Una seconda edizione del "Canzoniere" è del 1948. Nel 1953 fu ricoverato in clinica per un periodo. La sua raccolta di poesie è molto vasta, molto spesso descrive aspetti aspetti di vita quotidiana, come in "Città vecchia". Nella sua poesia sono evidenti i riferimenti mitteleuropei e a conoscenze non usuali per gli intellettuali dell'epoca come Nietzsche o la psicoanalisi che venivano inserite nel contesto stilistico classico della letteratura italiana a cui Saba si ispirava.

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