Oscar Wilde

VITA

Oscar Fingal O'Flaherty Wills Wilde nasce a Dublino nel 1854. Della sua infanzia non si conosce molto. Studia al Trinity College di Dublino e poi a Oxford, dove subisce l'influsso delle idee estetiche di Walter Pater e John Ruskin.
Durante gli studi compie un viaggio in Italia dove visita molte città. Questo viaggio gli ispira la sua prima composizione poetica conosciuta : “Graffiti D’Italia”. Due anni dopo compie un altro viaggio in Grecia e nello stesso anno il 1878 ottiene la laurea in letteratura classica ad Oxford.

Si distinse da subito per il suo talento tanto che nello stesso anno gli valse un premio di poesia per il poemetto “Ravenna”, ma anche per i suoi ostentati atteggiamenti da “poeta maledetto”: abiti eccentrici, lunga chioma, disprezzo per gli sport praticati nei colleges, culto del morboso.
Quindi Wilde Spirito eccentrico e dandy di rara eleganza, cominciò a far parlare di sé negli ambienti mondani e fu preso di mira dalla rivista umoristica "Punch", che ne mise in ridicolo vezzi e atteggiamenti. Per il suo acume e il fascino della sua conversazione brillante, ebbe tuttavia anche numerosi estimatori. Si dedica alla cultura letteraria sotto l’insegna dell’estetismo, di cui fu considerato il “grande sacerdote”.
L’Inghilterra ipocrita degli anni 1870-1880 non fu disposta ad accettare passivamente le aperte sfide che Wilde cominciava a lanciare al suo casto puritanesimo. In pratica Wilde scatena attorno a sé una grande attenzione, tesa a schernire lui ed il suo movimento estetizzante.
In quel periodo, un agente teatrale ha l’idea di organizzare una serie di conferenze di W. in America, allo scopo di far vedere a quel pubblico un esponente del movimento preso in giro nell’operetta. Wilde accettò ed affascina gli americani con i suoi discorsi, tanto che nel 1883 viene inscenata a New York la sua prima opera teatrale: “Vera o i nichilisti”. Per motivi politici non è mai stato rappresentata in Inghilterra. Non ebbe un gran successo. Nello stesso anno esce anche “La Duchessa di Padova” considerato inadatto al pubblico. Il 24 settembre dell’83 inizia un giro di conferenze in Inghilterra, Scozia ed Irlanda in cui parla di una riforma dell’arredamento, di teorie artistiche e delle sue esperienze americane. Nel 1884 sposa a Londra Constance Lloyd, ragazza di buona famiglia dublinese. Il 5 giugno 1885 nasce il primogenito Cyril, mentre il 3 novembre del 1886 nasce il secondogenito Vyvyan. Nello stesso anno conosce Robert Ross, con cui W. avrebbe avuto le sue prime esperienze omosessuali. Ross fu anche un suo grande amico con cui rimase sempre in contatto. Nel 1888 esce il suo primo libro di fiabe: Il principe felice ed altri racconti. Nel 1890-91 esce: “Il ritratto di Dorian Gray”, il quale suscita molte polemiche verso le quali W. Si difende sostenendo l’indipendenza dell’arte dalla morale. Sempre nel’91, W. Conosce Lord Alfred Douglas, che diviene suo amante, e scrive in francese l’opera teatrale: ”Salomè”. La prima si terrà a Parigi nel 1896. Nel febbraio del ‘93 vi è la prima del ”Ventaglio di Lady Windermere” accolta con grande successo dal pubblico. Questa commedia fu la prima di  una serie di quattro commedie: Una donna senza importanza (‘93), Un marito ideale (‘95) ed in fine “L’importanza di chiamarsi Ernesto“(‘95). Quest’ultima è la commedia più importante di Wilde nonché l’ultima. Alla prima di “Un marito ideale” Lord Queensburry, padre di Alfred Douglas, minaccia di intervenire con degli ortaggi per sabotare W. che considera il corruttore del figlio. Questo fu l’inizio delle disgrazie di Wilde. Nello stesso anno trova all’uscita dell’Albemarle club un biglietto del padre di Douglas, nel quale viene accusato di omosessualità. Su spinta dell’amato Douglas e a discapito del contrariato Robert Ross, Wilde lo denuncia per infamia. La causa venne persa e W. fu condannato a due anni di lavori forzati per omosessualità. Nel carcere di Reading scrisse una lunga lettera a Lord Alfred Douglas, di più di 200 pagine, dove dimostrava che questi fosse stato responsabile della sua disgrazia. Questa lettera, mai spedita, fu pubblicata in seguito col titolo: “The Profundis”. Nel 1896 muore la madre di W. e Costance gli porta la triste notizia in carcere. Uscito di prigione lasciò l’Inghilterra per non tornarci mai più. Scrisse nel periodo successivo alla prigione la sua più bella composizione poetica: “La ballata del carcere di Reading”. Tre anni dopo l’uscita dal carcere, Oscar Wilde muore a Parigi all’ Hotel D’Alsace. 

Si può dire infine che la sua fama è principalmente dettata dal suo unico romanzo (“The Picture of Dorian Gray”, 1891) che divenne una sorta di manifesto del decadentismo e dell’estetismo.

WILDE E IL TEATRO

La particolarità della vita di Wilde è che si può definire recitata, infatti fu interessante quanto e più delle sue opere. Per l’appunto una sua frase importante fu : « E’ la vita che copia l’arte ». Il teatro di Wilde è un incanto di ironia, un mosaico di paradossi ed una inestinguibile girandola di eleganze. W. porta la moralità sul filo dell’assurdo. Egli ebbe un peso determinante nel rompere gli schemi dell’Inghilterra vittoriana. Oscar Wilde fu il più rappresentativo scrittore della fine del secolo, perché estetismo e decadentismo, che furono le costanti della sua arte dominarono un lungo e fecondo periodo europeo, ed ebbero il loro peso determinante anche sul costume. Il decadentismo verrà considerato come la contrapposizione della raffinatezza al gusto grossolano della massa dominante. Oscar Wilde può essere considerato come il rinnovatore del teatro inglese, ma è soprattutto un grande, profondo osservatore della vita, un’anatomizzatore spietato delle convenzioni e delle menzogne convenzionali del mondo moderno, che soprattutto nel suo tempo, dominavano la società britannica. Wilde, non poteva essere definito drammaturgo, data la scarsità di particolarità teatrali (come: prospettive di palcoscenico, racconto teatrale). W. fu invece un drammaturgo in un più moderno significato di questo termine, secondo il quale, valori di contenuto sono pareggiati e talvolta superati dai puri valori verbali.

Un altro punto fondamentale dell’estetica di W. è l’importanza della ricostruzione archeologica nei lavori di ambiente storico: «I minimi  particolari, la tinta delle scarpe di un maggiordomo, l’orlo ricamato d’un fazzoletto femminile, i galloni d’un giovane soldato, il cappello d’un elegante assumono una vera importanza e condizionano talvolta, in maniera evidente,l’intreccio medesimo».
Questa teoria passò nei decadenti e in D’Annunzio. W. l’applicò per conto suo a parte del proprio teatro. Egli prosegue sostenendo che l’archeologia non è una scienza di pedanti e deve servire all’illusione artistica e che il costume, il quale può, senza parole, rivelare un carattere, può altresì aiutare le situazioni e gli effetti.

La produzione drammatica di Wilde si divide in due filoni, uno di carattere storico e l’altro d’intreccio moderno, uno applicante i postulati della teoria del costume e della scena, l’altro sfruttante la eccezionale felicità dell’autore nel dialogo paradossale e spiritoso in un intrigo di marca parigina. I due gruppi possono ridursi sotto queste insegne. Appartengono al primo gruppo (in ordine cronologico di rappresentazione)  VERA o i NICHILISTI (‘83), LA DUCHESSA DI PADOVA (‘91), SALOME ’ (‘92), LA SANTA CORTIGIANA (1905), UNA TRAGEDIA FIORENTINA(1908). 
Appartengono al secondo: IL VENTAGLIO DI LADY WINDERMERE (‘92), UNA DONNA SENZA IMPORTANZA (‘93), UN MARITO IDEALE (‘95), L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO (‘95).

IL RITRATTO DI DORIAN GRAY                             [Scarica la versione elettronica in formato .zip]

Trama
Il romanzo tratta della storia di un giovane, Dorian Gray, dotato d’una eccezionale bellezza ritratto dall' amico pittore, Basil Hallward, in un quadro di straordinaria somiglianza. Dorian scopre ben presto che il ritratto possiede la magica dote di invecchiare al suo posto.

Così Dorian si dedica a una vita di piaceri, senza alcuno scrupolo, distruggendo la vita delle persone che gli sono vicine e che lo amano. Con la sua depravazione il ritratto diviene deturpato a tal punto che Dorian tanto che non ne sopporta più la vista e lo colpisce con un pugnale. Il ritratto avendo accumulato tutta la forza vitale di Dorian, con la sua distruzione determina la morte del giovane e come per magia sul corpo di Dorian appaiono i segni orrendi di una vita dissipata. 

Commento 
Il romanzo rappresenta in modo esemplare il rapporto arte-vita così come è concepito dagli autori decadenti. La vita è totalmente costruita come un’opera d’arte, secondo i principi estetici che non tollerano alcun condizionamento morale. In questo modo l’artista si libera dei limiti di tempo entrando in una dimensione di eterna bellezza, che Dorian Gray sperimenta sul proprio corpo perennemente giovane. La vita però inesorabilmente reclama i propri diritti e infine manifestandosi infine con la morte, alla quale è impossibile sfuggire.

La vicenda del romanzo, in qualche modo riflette la vita del suo autore.

L'estetismo di Wilde
Oscar Wilde portò la dottrina estetica alle sue estreme conseguenze: sostenne la necessità, per l’artista, di godere della libertà assoluta, onde poter esprimere la sua arte in autentici capolavori. L’artista, egli sostenne, deve essere libero da ogni legame con la società, libero dai sentimenti, da ogni credenza poiché tutti questi obblighi limitano la sua capacità di ricerca del bello. Con tali teorie Wilde sfidò la società vittoriana e assestò un duro colpo ai suoi già fragili equilibri.

Il culto della bellezza  
Secondo Oscar Wilde la vita era la prima e la maggiore delle arti, quella per cui tutte le altre non erano che un’introduzione. La moda, che per un attimo rende universali le cose più fantastiche, e il dandismo che a suo modo è un tentativo di asserire l’assoluta modernità della bellezza, naturalmente avevano per lui il loro fascino. Il suo modo di vestire, lo stile personalissimo che di tanto in tanto ostentava, avevano una marcata influenza.

Pur accettando con molta prontezza la posizione che gli era stata immediatamente offerta non appena raggiunta la maggiore età, e pur trovandoci in verità, un sottile piacere, tuttavia nell’intimo desiderava essere qualche cosa di più. Volle cercare, di elaborare un nuovo stile di vita, con la sua filosofia ragionata e i suoi principi ordinati, uno stile che nella spiritualizzazione dei sensi trovasse la sua più alta realizzazione.

Come aveva preannunciato Lord Henry, sarebbe sorto un nuovo edonismo che avrebbe ricreato la vita e l’avrebbe salvata dal duro e sgradevole puritanesimo che ai giorni nostri conosce un singolare risveglio. Questo edonismo avrebbe dovuto certamente appoggiarsi all’intelletto ma non avrebbe mai accettato teorie o sistemi implicanti la rinuncia a qualunque esperienza emotiva. Suo scopo infatti avrebbe dovuto essere l’esperienza stessa e non i suoi frutti, dolci o amari che fossero. Avrebbe ignorato sia l’ascetismo che mistifica i sensi, sia la volgare dissolutezza che li assopisce. Avrebbe invece insegnato agli uomini a concentrarsi negli attimi di una vita che è essa stessa solo un attimo.  

Una volta si sparse la voce che stesse per convertirsi al cattolicesimo, ma non commise mai l’errore di arrestare il suo sviluppo intellettuale accettando formalmente un credo o un sistema.

Il misticismo, con il suo meraviglioso potere di renderci insolite le cose banali, e il sottile antinomismo che pare accompagnarlo sempre, lo interessarono per un breve periodo; per un altrettanto breve periodo si dedicò alle dottrine del movimento darwinista tedesco, e provò un singolare piacere nel far risalire i pensieri e le passioni degli uomini a qualche perlacea cellula cerebrale, o a qualche bianco nervo del corpo, divertendosi all’idea dell’assoluta dipendenza dello spirito da determinate condizioni fisiche, sane o malate, normali o morbose. Tuttavia, come già si è detto, nessuna teoria della vita gli pareva avere qualche importanza se paragonata alla vita stessa. Era acutamente consapevole di quanto sia sterile ogni speculazione intellettuale quando è separata dall’azione e dall’esperienza. Sapeva che i sensi non meno dell’anima hanno i loro misteri spirituali da rivelare.

CONTESTO STORIOGRAFICO  
Wilde visse pienamente in quella che è definita Età Vittoriana, dal nome della regina britannica Vittoria di Hannover, sovrana che conferì al proprio lungo regno un periodo di stabilità e prosperità, naturalmente non privo di aspetti negativi.

In quell'epoca di puritanesimo e commercio d'oppio con le Indie, fra apparenze di purezza ed adulteri all'ordine del giorno, egli acquistava un particolare ruolo di osservatore esterno della realtà, osservando, commentando e parodiando il turbine d'avvenimenti che lo sfiorava.

Per quanto concerne le maggiori contraddizioni di quel periodo che toccarono Wilde in prima persona, non è possibile tralasciare quel valore rappresentato dalla famiglia, e parlare inevitabilmente di ciò che significasse, per l'epoca, l'omosessualità.

In quanto uomo del suo tempo, facente parte di una società fortemente maschile, nella quale la divisione dei sessi era fortemente accentuata, l'autore ebbe completa influenza sulla propria moglie, condizionando la vita della donna dalla moda persino alle idee. Nonostante ciò, egli provava una profonda devozione, sia per la consorte, sia per i due figli che ella gli donò, due eredi maschi. Sotto questo punto di vista, egli si dimostrò impeccabile.

Ed ora l'argomento più controverso per la critica. Innanzitutto, è bene dire che Wilde si macchiò più d'adulterio che di omosessualità. Infatti, all'epoca, era il tradimento cosa estremamente comune, specialmente nella vita dispersiva e libertina delle classi aristocratiche. Per una moglie, poco importava che l'uomo l'avesse tradita con una donna o con un rappresentante dello stesso sesso, e comunque l'adulterio commesso di parte maschile doveva essere accettato dalla donna, la quale doveva impegnarsi al fine che la cosa non creasse scompiglio in pubblico o si ritorcesse contro il nome della famiglia mantenendo un rigoroso silenzio.

I risvolti per l'opinione pubblica erano poi ben differenti. La sodomia era condannata dalla legge di vari paesi con anni di carcere duro, basti pensare, oltre a Wilde, al caso del poeta francese Verlaine, condannato per atti sodomitici dalla legislazione belga. Ciò dipendeva essenzialmente da uno statuto fortemente condizionato dal pensiero religioso puritano, il quale traeva energia da una rigorosa interpretazione della parola biblica, la quale, appunto, condannava la sodomia.

Che Wilde sarebbe vissuto meglio ai giorni nostri, data la sua fama di uomo "fuori del suo tempo"? Ma che ne sarebbe stata della sua storia, della storia del mondo, se così fosse stato? E quanto era diversa la società dalla nostra? Wilde morì alla fine dell'epoca vittoriana, ma, piuttosto che concludere un'era, è probabilmente meglio asserire che egli ne aprì una nuova, quella della nostra confusa, ipocrita, brillante modernità.

 


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